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1992 la serie. L’Italia brutta

1992 la serie Stefano Accorsi

Quando Dell’Utri si ferma nei corridoi di Publitalia, gelido, a guardare da dietro i suoi occhiali fumé la notizia dell’uccisione di Salvo Lima per mano mafiosa, da una stanza accanto la sigla di “Casa Vianello” dà vita a un grottesco mushup . Un paese di musichette, mentre fuori c’è la morte, diceva lo sceneggiatore di Boris a René, “smaliziata e allegra come una cazzo di lambada”, ecco come era il nostro Paese 20 anni fa.

1992 la serie, prodotta da Lorenzo Mieli per Sky e ideata da Stefano Accorsi, pesca da quella melma di corruzione, collusione e illusione in cui, per citare Battiato, era affondato lo “stivale dei maiali”. Tangentopoli, naturalmente, ma anche le stragi di mafia, la scesa in campo di Silvio Berlusconi, la pubblicità applicata alla politica, la Seconda Repubblica costruita neanche troppo bene con gli avanzi della Prima, l’ombra della P2 sulle istituzioni e sui media, la scoperta di un individualismo ancora più becero del decennio precedente, che racchiudeva in un “io” apparentemente dimesso tutto il male del mondo.

Non è facile raccontare il passato, quando il passato è appena ieri, non siamo troppo distanti e neanche troppo vicini, sospesi tra la Storia e la Cronaca, in quel limbo in cui nessun alibi vale per sospendere il giudizio oppure finiscono per valere tutti. Forse, anche per questo, i tre giovani sceneggiatori, Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, combinano elementi di fiction con fatti reali, personaggi vivi e vegeti e caratteri totalmente inventati, stereotipi di un’Italietta allo sbando.

 

1992 la serie di Sky
1992 la serie di Sky

Le critiche dopo solo due puntate non si sono fatte attendere, così come i paragoni, fin troppo facili. Da un lato, Gomorra, Romanzo Criminale, persino House of Cards, chiamati in causa come prodotti migliori, stilisticamente e narrativamente perfetti. Dall’altro, il confronto, davvero impietoso, con i vari Don Matteo, Carabinieri, e con la coppia Arcuri – Garko, insomma il peggio del peggio della tradizione seriale italiana.

Ci sono errori, è vero, inesattezze storiche, acrobazie registiche forzate, interpretazioni (una su tutte verrebbe da dire) claudicanti, molti “spiegoni” per dirla in gergo, ma c’è anche della qualità, in buona parte nel cast, tra cui spiccano Fabrizio Contri e, a sorpresa, Miriam Leone, nella colonna sonora curata da Boosta tastierista dei Subsonica, nei dialoghi (non tutti, ovvio), menzione d’onore, a tal proposito, va al discorso che il pubblicitario Notte, interpretato da Accorsi, fa al suo cliente sull’efficacia di un programma come “Non è la Rai” per lanciare un prodotto rivolto agli uomini: “lo vuole sapere un segreto? La gente là fuori è orribile. Non io, non lei. Gli altri … Sognano cose indicibili… sono tutte magre, bambine, ma sono vestite con gli abiti delle mamme” . Ci sembra che, almeno per il coraggio di mostrare tanto, certamente più di quanto siamo mai stati abituati a vedere in un qualsiasi programma tv, di un periodo che in fondo non si è mai concluso, vada data una chance alla serie.


Certo è che le aspettative su “1992” erano altissime, per colpa di un pubblico sempre più esigente, abituato a consumare prodotti seriali d’autore, e per merito di una campagna di guerrilla marketing davvero unica.

Dal 7 al 24 marzo Sky Atlantic +1 si è trasformato in Sky Atlantic 1992, mandando in onda sitcom, eventi sportivi, telefilm, concerti, tutti legati a quel preciso anno: da Beverly Hills 90210 ai mondiali di Alberto Tomba e Deborah Compagnoni, dal Principe di Bel Air al Tribute Concert per Freddie Mercury al Wembley Stadium di Londra, da Mediterraneo a Baywatch. Ma non basta. Il 19 marzo, nel centro di Roma e Milano, un gruppo di ragazzi vestiti con cappotti e acconciature anni 90 ha distribuito ai passanti e ai turisti dei facsimile delle banconote da 100 mila lire con la scritta 1992. E poi, non paghi, il colpo da veri maestri alla prima stampa, regalando ai presenti un floppy disk che avrebbe permesso di scaricare l’intera serie. Ad averlo un lettore per floppy.

A contribuire alla sua aurea il successo al Festival del Cinema di Berlino, i lunghi minuti di applausi all’anteprima mondiale, l’acquisto a scatola chiusa di 28 Paesi stranieri e la messa in onda in contemporanea in Germania, Austria, Regno Unito e Irlanda.

Forse, con queste premesse doveva necessariamente deludere i più. Una cosa però salverei dal calderone di sdegno, più o meno condivisibile, la dichiarazione del tedesco Frankfurter Allgemeine : “raramente un Paese ha il coraggio di guardarsi allo specchio come in questo caso”.

Chiara Ribaldo

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