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L’amore: un racconto antico

Il Primo Bacio, Bouguereau

È arrivato il 14 febbraio e, volenti o nolenti, si finisce per pensare all’amore. Intorno a questo argomento sono state fatte infinite chiacchiere, le cui origini coincidono con quelle dell’umanità. L’essere umano infatti tende a parlar tanto di qualcosa soprattutto quando non riesce a comprenderla fino in fondo e a dargli una definizione univoca. 

Oggi voglio provare a raccontarvi i suoi aspetti meno romantici e decisamente più concreti attraverso alcune storie: miti, fiabe e racconti. Perché un mito non è mai solo un mito e una fiaba racchiude in sé molto più di quel che sembra…

L’amore è un dio (armato)

Partiamo da un libro di Eva Cantarella, intellettuale italiana che qualche anno fa ci ha fatto dono di una piccola perla: L’amore è un dio. In questo godibilissimo saggio, Cantarella ci racconta i miti greci – con qualche intermezzo romano – dedicati all’amore.

Il primo fatto da cui partire è questo: «per i greci l’amore era un dio di nome Eros. Un dio armato, che con il proprio arco scoccava frecce spesso mortali. Chi ne veniva colpito non aveva scampo: si innamorava». Non c’è dunque da scherzare o da star troppo tranquilli. L’amore verso cui tutti vanno alla ricerca è una freccia scagliata ferocemente da qualcun altro, spesso anche in modo casuale.

Così i greci si spiegavano l’irrazionalità dell’amore: è colpa del carattere distratto e dispettoso di Eros che colpisce quando e come vuole lui. I miti greci infatti pullulano di irrazionalità: sia uomini che divinità per amore scatenano guerre decennali e si ingegnano in travestimenti e metamorfosi (Zeus in questo è particolarmente abile). Le donne compiono le follie più ardite, tradiscono la famiglia e la patria, uccidono e si uccidono andando contro ogni istinto di sopravvivenza.

Prendiamo un esempio nella moltitudine: Medea e Giasone, destinati a legarsi attraverso una scia di sangue. Medea tradisce il suo popolo e inganna suo padre pur di aiutare Giasone a recuperare il vello d’oro. Giasone, per lei null’altro che uno straniero, estraneo a tutto ciò che ha conosciuto fin’ora. Per lui non esita a compire gli atti più atroci – come uccidere il proprio fratello e buttarne il corpo smembrato nel mare, bollire un uomo vivo, strangolare in un vestito avvelenato una ragazza e infine, apoteosi di un dramma in cui all’amore viene sostituito l’odio, trafiggere i propri figli. Una visione in cui l’amore è cosa pericolosa, fonte di mali e di orribili tragedie. 
Forse il mito greco esagera nel suo pathos, ma dobbiamo ammettere una cosa: i complessi e spesso drammatici racconti greci sono estremamente onesti. Ci dicono chiaramente che l’amore non è mai rose e fiori. Anzi, ti complica la vita, ti trasforma e ti mette davanti a scelte difficili. Certo, sembrano anche volerci un po’ scoraggiare, ma a una lettura più attenta lo scopo è un altro. Il problema è che i greci non avevano bisogno di esplicitarlo nel mito, perché avevano la filosofia… per fortuna accorre in nostro aiuto la più recente tradizione folkloristica delle fiabe.

Vivere felici e contenti

Nominando le fiabe è inevitabile che balzino alla mente le immagini della Disney e delle sue rivisitazioni “soft”. Ecco, dimenticate tutto quello che avete imparato dai cartoni Disney e credete in quel che vi dico: la vita nelle fiabe non è affatto un giradino fatato. È piuttosto un irto cammino fatto di molte sofferenze, molti ostacoli, molte prove. Insomma, un po’ come la vita vera. 

Nell’introduzione di una raccolta di fiabe dei fratelli Grimm, Luciana Marinangeli scrive che le fiabe «ci ricordano che abbiamo bisogno di poche cose: quelle eterne»:

[…] noi stiamo tutto il tempo nel nostro corpo, solitario sacchettino di pelle, ognuno nel suo, e se duole, il sacchettino, perché non dorme o non mangia abbastanza, il piacere della vita se ne va subito: altro insegnamento delle fiabe, così esplicite e insistenti sui bisogni elementari, sulla necessità primaria di mangiare e bene e riposare, sull’aver salva la pelle, sul trovare con chi vivere in intimità (p.13)

Eccole le cose essenziali, le cose eterne. Tra tutte, trovare qualcuno con cui vivere in intimità è quella più problematica perché coinvolge un elemento imprevedibile: l’altro. L’altro è sempre un mistero e lasciare che un mistero entri nella nostra vita è a dir poco spaventoso. Ma le fiabe ci dicono di non aver paura, perché ne vale la pena: alla fine dei conti si vivrà felici e contenti!

C’è una fiaba, Trovuccello, che racconta le vicende di due piccoli innamorati: Trovuccello, appunto, e Lenuccia. Il primo, trovatello, cresce insieme alla seconda, figlia di un guardiaboschi che ha un solo difetto: in casa ha una cuoca malvagia che ad un certo punto si mette in testa di far lesso Trovuccello. Lenuccia lo viene a sapere e i due decidono di fuggire, anche se poco dopo verranno inseguiti dalla cuoca e dai servi. Allora per sfuggire a questo male, i bambini semplicemente si trasformano, ripetendo una formula che non possiamo che definire magica:

«Trovuccello, se non mi lasci, neanch’io ti lascerò»

«Né ora né mai»

amore nelle fiabe

La prima volta l’uno diventa rosaio, l’altra rosellina. La seconda l’uno chiesa, l’altro lampadario. Infine la terza l’uno è stagno e l’altra anatra e insieme riescono ad affogare la cuoca che li perseguita. Così «i bambini tornarono a casa insieme tutti giulivi; e se non sono morti sono ancora vivi».

Insomma, come nei miti anche nelle fiabe troviamo metamorfosi a dir poco bizzare e atti di violenza estrema. L’amore, ci dicono questi racconti, costringe a cambiare. Richiede che si superino ostacoli – insieme, se si vuole il lieto fine – e che si facciano scelte a volte molto difficili. 

Cosa amore non è

Abbiamo dunque capito che l’amore non è cosa semplice. Non è questo, non è quello… ma allora cos’è? Quando non riusciamo a definire qualcosa con caratteristiche precise e univoche optiamo per l’unica alternativa: capiamo quali caratteristiche quel qualcosa non ha e andiamo per esclusione. 

Abbiamo capito ormai da tempo che definire l’amore è un dilemma al quale si possono trovare infinite soluzioni – e dunque nessuna che sia valida sempre e ovunque. Per questo credo valga la pena soffermarci un poco sul monologo di Stefano Massini, recitato in una puntata del programma televisivo Piazza Pulita. Ribaltando la domanda “cos’è l’amore” e chiedendosi invece cosa l’amore non sia, Massini ne fa un elenco alfabetico.

Ne trovate una trascrizione parziale qui, seguita dal video completo.

L’alfabeto del non amore:

  • A come Anestetico. L’amore non è un anestetico. Se non vuoi soffrire, se non sei disposto anche a restarci male, l’amore non fa per te. 
  • B come Bellezza. L’amore non è bellezza a tutti i costi. L’amore non è la bellezza dei vip, non è la bellezza delle storie d’amore patinate da rivista: non gliene frega niente all’amore delle riviste.
  • D come Divieto. L’amore non è mai un divieto, l’amore non è mai un diktat. L’amore è sempre una possibilità, l’amore è il concetto stesso della possibilità. 
  • F come Fiaba. L’amore non è streghe, l’amore non è fate, l’amore non è principesse risvegliate da un lungo sonno. Astenersi principe azzurro. 
  • I come Idea. L’amore non è mai un’idea. L’amore è sempre concreto, è fatto di corpi, è fatto di persone, è fatto di vite. Idealizzare, mai.
  • Q come Quadrato. Si pensa sempre che l’amore sia una figura perfetta. Una figura con i lati perfettamente proporzionali. Invece, l’amore non è un quadrato, l’amore è un poligono complesso nella sua complessità, nel suo mistero, nel suo enigma alla sua bellezza. 
  • Z come Zoo, gli animali che stanno nelle gabbie e che talvolta si adattano talmente tanto a stare nella gabbia che ti sembrano pure felici. E se restando là, dietro le sbarre, gli lanci la nocciolina e loro volentieri se la mangiano. L’amore non è mai una gabbia. L’amore non è mai adagiarsi dentro la gabbia.
@la7_tv

Stefano Massini ribalta la prospettiva e nel suo racconto si chiede non cosa sia l’amore, ma cosa non debba né possa mai essere: 21 lettere dell’alfabeto per un vero manuale di non-amore. #stefanomassini #amore #piazzapulita

♬ suono originale – LA7

L’amore non è tante cose, e dunque è tutto il loro opposto. L’alfabeto “al negativo” di Massini ci regala una narrazione dell’amore che bisognerebbe tenere sempre presente, soprattutto quando abbiamo il sospetto che Eros si aggiri nei paraggi.


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