Nell’Antica Grecia, due sostantivi (καλός e ἀγαθός) uniti nella crasi “καλοκαγαθία” indicavano l’identità tra ciò che è bello e ciò che è buono, sia negli enti corporei sia nelle idee immateriali. Nell’Odissea gli eroi di Omero sono di bell’aspetto e pronti a combattere con coraggio. La bellezza è dunque un dono da parte degli dèi dedicato a pochi eletti per compiere nobili azioni. Questo era il motivo per cui la bellezza veniva insegnato, quasi come fosse un allenamento costante. Da qui nacquero i ginnasi.
Platone diceva: “L’arte forma il carattere…“
kalokagathìa: καλός, il concetto di bello nell’Antica Grecia
Secondo Platone esistevano tre valori fondamentali: il vero, il bene ed il bello; concetto che ritroviamo anche nel Cristianesimo, in quanto la figura di Dio è onnipotente ed onnisciente . Il bello rappresenta una categoria dell’estetica, il sentimento di piacere nato da un’esperienza strettamente legata alla sensibilità dell’occhio umano. I primi a studiare questo tipo di bellezza furono i Greci che videro nella pittura un tentativo di imitare la perfezione indiscussa della natura.
kalokagathìa: ἀγαθός, il concetto di buono nell’Antica Grecia
La bellezza esteriore era una garanzia per quella interiore. Chi è in grado di curare la bellezza esteriore, è automaticamente in grado di dimostrarsi buono, valoroso e con una forte morale. Il concetto di buono indica tutto ciò di “etico” che gli individui cercano fino alla fine della vita. Il suo significato pragmatico consiste nel fare del bene, il rispetto di regole morali che ci auto imponiamo. Il male, ossia il suo opposto, assume un significato etico nel mondo occidentale mentre nel mondo orientale ha un valore gnoseologico in quanto corrisponde all’ignoranza del divino e del vero.
La bellezza come oggetto di educazione
La prima tesi sulla creazione del bello consisteva nella proporzione e nella appropriata disposizione delle parti. La bellezza – tuttavia – aveva un’estensione più ampia di quella attuale. Non si limitava agli oggetti sensibili, ma comprendeva anche quel principio invisibile, a cui ci si poteva elevare con l’aiuto del pensiero, guidato a sua volta dall’impulso dell’eros, l’amore. In altre parole, quando proviamo un sentimento di amore, quello ci guida verso la visione di un pensiero nuovo che può essere trasformato in qualcosa di materialmente bello. Gli antichi identificavano il bello visibile con il concetto di simmetria; nello stesso modo, il bello udibile combaciava con l’armonia. Con il passare del tempo si abbandonò la concezione oggettivistica (definizione fin troppo rigorosa) per passare ad una concezione soggettivistica.