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Vizi Capitali 2.0: Come i Social Media creano dipendenza e incarnano i sette peccati capitali

Quando parliamo di vizi capitali, facciamo riferimento a comportamenti che si impadroniscono della vita di un uomo prendendone il controllo e facendogli dimenticare i suoi veri obiettivi.

Non a caso, la parola vizio, viene dal latino Vitium, inteso come difetto, mancanza.

Degli studi comportamentali umani dimostrano che una persona che perde il proprio cellulare sperimenta un panico simile a quello di un’esperienza di morte.

La dipendenza da social media

I social hanno drasticamente cambiato il nostro modo di vedere la vita, la realtà. Lo possiamo notare da diversi aspetti: come reagiamo alle notizie sui giornali online o come interagiamo con le persone che ci interessano. I social sono ovunque e hanno un potere su di noi che è quasi impercettibile.

È completamente e indubbiamente vero che ogni inclinazione negativa umana ha il suo corrispondente marchio digitale: LinkedIn, come Twitter o Tinder, sono nati come soluzioni a un problema, che dovrebbero funzionare, ma è davvero così?

Come ci si sente a vendersi come un prodotto? Diffondere odio tramite Twitter, aiuta davvero? Come si dovrebbe reagire a un possibile catfish? Perché il sito Web che soddisfa il nostro istinto più basso sembra sempre un buon investimento?

Sappiamo che i sette vizi capitali sono: Superbia, Invidia, Lussuria, Gola, Accidia, Ira, Avarizia.

La Superbia di Facebook

La Superbia, la ritroviamo soprattutto in Facebook. L’orgoglio è talvolta considerato il peccato da cui derivano tutti gli altri: la convinzione di essere essenzialmente migliori di tutti i propri vicini. È, immagino, qualcosa come dire a tutti gli altri che sono pessimi in quello che fanno. L’orgoglio è medio. Se Facebook non rappresenta l’orgoglio, allora che cos’è? Vanità o una fede sfrenata nella propria attrattiva e l’amore per il vanto. Questo è Facebook.

L’Invidia di Instagram

L’invidia rende le persone così desiderose di ciò che non hanno da diventare cieche di fronte a ciò che hanno. L’esatta definizione di Instagram. Quante volte vediamo ragazze paragonarsi a modelle o uomini che hanno macchine troppo costose anche solo per mantenerle. Siamo vittime dei Photoshop, della finzione. Viviamo nella società dello spettacolo, dove chi ha la saturazione al punto giusto o l’esposizione bassa è automaticamente migliore di te.

La Lussuria di Tinder

La Lussuria, ovviamente, è Tinder. Questo è facile. Nell’Inferno di Dante, le anime lussuriosi vengono spazzate via per sempre come se fossero bloccate in un uragano. Oggi sono condannati a uno stesso ciclone: Tinder, infatti, consiste nello scorrere a destra per sempre ma non ottenere mai una vera corrispondenza.

La Gola di Glovo

La Gola, da ricollegare istintivamente ad app come Glovo o JustEat, che si non sono Social Media, ma sono comunque piattaforme che vanno ad attaccare quel lato debole dell’essere umano. Queste persone, pur di non cucinare un piatto bilanciato che lo renderebbe sazio, preferisce ordinare cibo cucinato con ingredienti che lasciano a desiderare per poi, magari, avere nuovamente fame. Ciò lo porterebbe ad ordinare altro cibo perché la prima volta è stato davvero facile farlo.

L’Accidia di Netflix

L’Accidia è una parola che abbiamo ormai perso ma il cui significato sopravvive un po’ nella malinconia. È l’incapacità di svolgere il proprio lavoro e di interessarsi al mondo, cugino della noia, della stanchezza e della svogliatezza. È il sentimento di Amleto. Si può associare a Netflix che con le sue impostazioni automatiche come il tasto “Prossimo Episodio” a fine episodio che ci porta a stare incollati allo schermo senza doverci nemmeno muovere per cambiare episodio o per riprendere a lavorare una volta che la pausa è finita.

L’Ira di Twitter

L’ira, secondo Dante, era un peccato gemello della cupezza. Ha scritto che entrambi provenivano dallo stesso errore essenziale: l’ira è rabbia espressa, la cupezza è rabbia inespressa. E condannò sia il cupo che l’iracondo al Quinto Cerchio – dove, in una palude immonda, l’iracondo si attaccava l’un l’altro incessantemente, senza mai vincere; mentre i cupi sedevano sotto l’oscurità e stufavano e si accigliavano e si comportavano in modo distaccato. Raramente c’è stata una migliore descrizione di Twitter.

L’Avidità di LinkedIn

Avanti con l’avidità. Secondo Dante, gli avidi e gli avari sono condannati a giostrarsi tra loro usando macigni enormi e pesanti, per sempre. Inoltre, sono resi irriconoscibili: ogni anima appare come la versione più blanda e noiosa di se stessa. Suona come LinkedIn o cosa?

I social media non sono negativi come pensiamo, ma dobbiamo imparare ad usarli: imparare come possono aiutarci a creare relazioni che poi sta a noi portare OffLine. Questo è di fondamentale importanza perché noi già conosciamo i rischi che si trovano dietro i social: ansia, isolamento, depressione, cyberbullismo, bassa autostima.

I social sono degli strumenti e come tutti gli strumenti, esiste un corretto uso e uno sbagliato.

Creare una connessione umana, ci insegna a creare interazioni fra di noi dando importanza alla persona che ci sta davanti e, nella maggior parte dei casi, la prima persona che ci sta davanti siamo noi stessi. Quante persone cliccano lo schermo del proprio telefono con la speranza di aver ricevuto un messaggio? Quante persone si sentono sole per colpa dei social media?

Ritengo che oggi, l’unico modo per salvarsi da questo, sia Disconnetterci per Connetterci gli uni con gli altri.

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