Negli anni 80 sentii parlare per la prima volta di Goliarda Sapienza da un’amica che era affascinata dall’originalità del suo femminismo e dalle sue qualità di attrice teatrale. Non ricordo di aver sentito parlare di Goliarda anche come scrittrice, mai. Mai fino a qualche anno fa. Poi l’estate scorsa l’impatto con questo libro e la scoperta di una scrittrice potente, incisiva, autentica senza remore.
Una donna fuori da ogni schema
Non sono certo il primo a recensire questo romanzo. Ma è talmente articolato e intenso che continuerà a sollecitare letture, interpretazioni, entusiasmi e stroncature. Insomma, reazioni di segno opposto, anche se mi auguro che finisca per prevalere la consapevolezza che ci troviamo di fronte a uno dei testi più significativi pubblicati in questo inizio di terzo Millennio. Perché Modesta, mai nome fu più bugiardo (antifrastico, se preferite), la dominante protagonista del romanzo, è una figura di donna che mi pare del tutto nuova nel panorama dei personaggi della letteratura italiana.
Nata in Sicilia il 1° gennaio del 1900, la sua vita è una fuga, vittoriosa, dalla miseria e da una condizione sociale che la esponeva a ogni prevaricazione e sopruso. Troverà rifugio in una famiglia nobile e ricca: Modesta la studierà attentamente, ne coglierà splendori e miserie, si muoverà con cautela e determinazione a seconda dei momenti e arriverà a gestirne amori, patrimonio e destini.
Lo farà con ogni mezzo, anche spietatamente, ma senza perdere mai la gioia vitale di esistere. Perché la ricerca della pienezza satisfattiva nella quotidianità è una costante della sua vita, anche nei momenti più bui: finirà in carcere in quanto antifascista militante, ma anche lì saprà trovare soddisfazione al suo tracimante erotismo bisessuale come pure risposte alla sua razionalissima determinazione di capire la storia quando è ancora cronaca.
Ed è la storia del Novecento, di due guerre e relativi dopo guerra fino all’inizio del miracolo economico, raccontata da una donna: meglio, dal punto di vista di una donna che coglie errori e sbavature sia della narrazione maschile sia del femminismo di maniera. Goliarda cala in Modesta molto di sé stessa, del suo essere “fuori del sistema” più che “contro il sistema”: indipendente, dalle persone e dagli avvenimenti. Modesta non fa sconti a nessuno, neanche alle sue amanti e ai suoi amanti come pure al figlio Prando, che mette sull’avviso: “Quando le donne si accorgeranno di come voi uomini di sinistra sorridete con sufficienza paternalistica ai loro discorsi, quando la tua Amalia si accorgerà di non essere ascoltata e di fare due lavori sfinendosi davanti ai fornelli e in laboratorio, quando si accorgeranno la loro vendetta sarà tremenda!”
Come probabilmente sapete, l’Arte della Gioia è stato pubblicato postumo e promosso finalmente, con un numero di copie adeguato, da un grande editore solo dopo il successo del libro all’estero. E di questo dobbiamo ringraziare la perseveranza di Angelo Pellegrino, prima compagno poi marito di Goliarda nonché curatore dell’eredità letteraria. Perché questo ostracismo? Perché negli anni 70-80 del secolo scorso, nonostante ci fosse stata la rivoluzione culturale del ‘68, gli editori non erano pronti ad accettare un testo che travolgeva una serie di tabù. E, soprattutto non accettavano che fosse una donna a farlo: una donna, per di più siciliana, che era stata chiamata Goliarda dal padre perché quel nome non era riconducibile a nessun santo ed era stata tolta dalla scuola dove imperava la mistica fascista perché non fosse indottrinata. La sua educazione era affidata a genitori e fratelli. Ne era venuta fuori una donna e un’intellettuale non organica ad alcun sistema: mai fu più appropriato il termine di “libera pensatrice”.
Alcuni suoi amici, di fronte al muro di rifiuti degli editori, nel 1982 tentarono la via mediatica dello “sceneggiato” televisivo (la fiction di oggi) contando che una volta trasmesso, questo avrebbe potuto indurre le case editrici a ripensarci sulla pubblicazione del libro. E portarono il testo a uno dei più illuminati dirigenti Rai dell’epoca che lo lesse, attentamente. Poi, reagì così: “Voi siete pazzi! Volete far saltare in aria la Rai?! Questa Modesta uccide la madre e la sorella, uccide anche chi l’ha beneficata, si masturba, fa sesso anche incestuoso con uomini e donne e … non espia mai!”. Insomma, non si trincerò dietro motivazioni di comodo, almeno lo disse chiaro e forte. Dovranno passare più di quaranta anni, arrivare cioè ai giorni nostri prima che Modesta e il suo mondo transitino su schermi cinematografici e televisivi sotto l’egida di Valeria Golino.
Fu rifiutato dunque per motivi ideologici e di morale corrente quel testo spiazzante, sconvolgente, pericoloso perché spingeva a empatizzare con Modesta, un personaggio capace perfino di delitti. Rifiutato anche -io credo- per motivi stilistici: una scrittura a ondate. Ricca e calda fino alla ridondanza come il barocco siciliano, poi a tratti razionale e fredda, ottocentesco e moderno insieme, scrittura talora indugiante nei particolari dei ripetuti momenti di erotismo e autoerotismo, talaltra vorticosa con una sensazione di vertigine del lettore che rischia di perdere il filo degli avvenimenti storici, dei tanti personaggi, degli accoppiamenti e degli incesti avvenuti o supposti.
Consiglio per lettori in apnea
Ho sentito spesso lettori, più frequentemente lettrici, dire che non riuscivano a staccarsi dal libro e che l’hanno letto “tutto d’un fiato”. Complimenti per la tenuta! Ma penso che l’Arte della Gioia vada letta respirando regolarmente e staccando con una certa continuità. Ci sono dialoghi da metabolizzare, visioni da percepire, atmosfere nelle quali entrare, personaggi da amare o detestare, riletture della storia con una spiegazione della pericolosa fascinazione del fascismo, profezie sul futuro… insomma c’è una sorta di conversazione da tenere con Goliarda-Modesta.
Prendetevi il tempo necessario: non c’è nessuna gara in corso! E arrivate fino in fondo dialogando con continuità con l’autrice e i suoi personaggi, o anche litigando. L’importante è, come ho anticipato, trasformare la lettura in conversazione.