La storia dietro lo slogan “Dal Cucchiaio alla Città”.
1919. In Germania, una scuola d’arte è destinata a divenire laboratorio per una nuova cultura architettonica. Parliamo di Bauhaus, e a dirigerla c’era Walter Gropius (architetto).
In questa scuola Gropius chiamò ad insegnare quelli che poi saranno alcuni degli artisti più significativi del panorama europeo: Mies van der Rohe, Kandinsky, Klee, Feininger, Moholy-Nagy, Oud, Van Doesburg, ed altri. Tante personalità costituirono un clima particolarmente fecondo per la definizione di una nuova metodologia progettuale. La Bauhaus, infatti, non era solo una scuola d’architettura, ma anche una scuola d’arte applicata. In essa si cercava un metodo che consentisse di arrivare al progetto e al design, tramite una rigorosa analisi funzionale degli oggetti e degli edifici. Sintomaticamente la scuola affermava di non avere affatto uno stile, ma di basarsi solo su scelte motivate razionalmente.
«Dal cucchiaio alla città» divenne il nuovo slogan, ad indicare come il metodo era comune sia alla progettazione di piccoli oggetti, sia alla progettazione di intere città. Non a caso, questa architettura prese il nome di «funzionale» o di «razionale», in quanto esprimeva l’intento di progettare unicamente in base a considerazioni di carattere funzionale e non estetico.
Gli ostacoli per la nascita del design moderno
La cultura tedesca tra le due guerre affrontò da un punto di vista architettonico, per la prima volta, anche il problema delle abitazioni popolari od operaie. A questo tema furono dedicati numerosi studi e realizzazioni, che costituirono la base per la quasi totalità dei quartieri popolari che in seguito sorsero in Europa, in particolare nella Russia comunista, ma anche in Italia.
Tuttavia, furono proprio i regimi totalitari degli anni Trenta a costituire il maggior ostacolo alla diffusione della nuova architettura. La Russia di Stalin, l’Italia di Mussolini, la Germania di Hitler, bandirono questi fermenti innovativi, preferendo affidarsi ad un’architettura neoclassica, pomposa, magniloquente, ma soprattutto ideologicamente frigida, che si basava su pretestuose continuità di tradizioni.
La Bauhaus fu chiusa dai nazisti, e la maggior parte degli insegnanti ed allievi emigrò negli Stati Uniti, portando qui il frutto delle esperienze europee maturate in un ventennio quanto mai intenso e rivoluzionario per l’architettura.
Leggi anche la seconda parte La nascita del design moderno: La sintesi di Moholy-Nagy: arte e sensorio.
Luigi Cristaldi | Bake Agency