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IOT.
Istruzioni per l’uso
sul lavoro del futuro

Enrico Cogno è sociologo, giornalista e formatore. Attualmente docente presso la LUISS per l’Executive MBA, l’area Creatività e Comunicazione Pubblicitaria (Facoltà di Scienze della Comunicazione) UTIU – Università Telematica Internazionale UniNettuno, Membro della Faculty di CONSEL (Gruppo ELIS), Direttore del Master in Communication Management del Centro Studi Giornalismo e Comunicazione e Direttore Responsabile di LUXORY, periodico dell’eccellenza del Made in Italy.

Per Bake Agency sarà docente nell’ambito della Bake Academy, durante il corso “L’impresa 4.0 – Come comunicarla”, percorso che affronterà il tema della comunicazione nel mondo sempre più digital che è il business oggi. Siete tutti benvenuti all’open day gratuito del 13 maggio 2017 (a partire dalle 17).

È sotto gli occhi di tutti: le cose, nel mondo lavorativo, stanno cambiando radicalmente. Complici la crisi finanziaria, i rovesciamenti sociali, le differenze comportamentali delle generazioni e, soprattutto, grazie alla pervasività delle tecnologie, in enorme espansione.

La stessa definizione di posto di lavoro ben presto non avrà più senso. Ricordate la triade con la quale i nonni ci hanno allevato? «Maglia di lana, attento ad attraversare e posto sicuro». Sarà una cosa diversa: il lavoro sarà un’attività, non un posto; e questo non avrà valore soltanto per i freelance, ma anche per i lavoratori in genere.
È arrivata una nuova triade: smart working, coworking, sharing desk. Tutto rigorosamente in inglese, tanto l’italiano, purtroppo, rischia di diventare una lingua rara. Smart working indica la valorizzazione del lavoro svolto al di fuori delle aziende, ridefinendo però il modus operandi in termini di tempi, orari, controllo manageriale, sicurezza e misurazione dei risultati, quindi molto lontano dal vecchio concetto di telelavoro. Il coworking indica la condivisione di uno stesso luogo da parte di singoli lavoratori, anche appartenenti a organizzazioni diverse. Lo sharing desk potrebbe essere definito come una scrivania condivisa tra due o tre colleghi per una maggiore flessibilità nella progettazione strategica dello spazio.

È il lavoro agile, bellezza. Il disegno di legge sulla flessibilità è stato approvato dal Parlamento italiano il 28 gennaio del 2016.  
Tutti questi nuovi aspetti possono significare un enorme risparmio di tempo: le ore perse in andirivieni di pendolari e nelle code chilometriche superano un mese e mezzo in un anno. Serviranno anche a ridurre la dispersione nell’aria di agenti inquinanti.

Ma, per attuare questo, occorre modificare la mentalità degli imprenditori e dei manager. Quello che serve è una reale disponibilità al cambiamento, ma non pare che le cose si stiano dirigendo verso corrette discontinuità. Non lo sono certi i nuovi dazi di Trump, i nuovi muri per bloccare gli spostamenti, la voglia di autarchia, la competizione muscolare all’interno delle imprese, dove la tendenza a sopraffare il collega, visto come un nemico, sta solo producendo disastri. I silos a comparti stagni, dove un reparto si oppone all’altro in nome di una sana competizione, hanno fatto il loro tempo, anche se sarà difficile vederli scomparire.

Quello che occorre sono una serie di valori reali, quali: innovazione, talento, buone abilità relazionali e, soprattutto, rispetto dell’altro e dell’ambiente.
Le modifiche lavorative non riguardano però solo le modalità del lavoro: riguardano anche il mancato inserimento dei giovani, la difficoltà di re/inserimento per i manager diversamente giovani, i compensi esigui, il dislivello meritocratico tra uomini e donne. Riguardano principalmente la scomparsa (o la forte modifica) di alcune professioni tradizionali, in particolare nel Terziario Avanzato.

Stiamo assistendo a un forte sviluppo delle attività basate sulla condivisione delle conoscenze, alla nascita di HUB di professionisti con azioni a controllo remoto, sulla scia dello sviluppo della Free Lance Economy.
L’Internet delle cose, o più familiarmente IOT (Internet Of Things, secondo Kevin Ashton) vede gli oggetti acquisire un ruolo attivo in rete: auto, frigoriferi, sistemi d’allarme, cancelli, farmaci in scadenza e quasi tutto quello che è fisico, sapranno monitorare, controllare e trasferire informazioni, per poi svolgere azioni conseguenti a beneficio di noi umani. Saranno attivi oltre 25 miliardi di apparati IOT entro il 2020.

Non è possibile pensare ancora che il talento e la professionalità delle persone si debbano misurare mediante l’ostentazione, la fisicità dell’ambiente di lavoro. Non serviranno più, per mostrare potere (come ai tempi del capo di Fantozzi) la scrivania enorme, il ficus nella stanza, la lampada avveniristica, lo studio lussuoso: basta essere connessi alla rete. Lo smartphone è, già oggi, il pannello di controllo del mondo lavoro.
La scommessa vincente del prossimo futuro si baserà sull’utilizzo dei dati come strumento per creare valore, grazie alla potenza di calcolo delle macchine, diretta conseguenza dei progressi dell’Intelligenza Artificiale.
È la più grande opportunità per chi saprà adeguarsi ma anche la maggiore minaccia per chi non saprà farlo. 

…Ma se volete saperne di più, non mancate all’open day gratuito del 13 maggio 2017.

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