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Il potere dei personaggi: gli archetipi letterari per connettersi emotivamente con il pubblico

archetipi letterari

Tutti siamo d’accordo sul fatto che un buon romanzo dipende anche – anzi, soprattutto – da personaggi a tutto tondo, ben caratterizzati e con una psicologia complessa e realistica. Eppure la letteratura mondiale è ricca di archetipi letterari, cioè categorie e immagini di personaggi ricorrenti che si ritrovano in testi ed opere prodotte in tempi e luoghi differenti.

I due elementi – l’uso di archetipi e la creazione di personaggi rilevanti – non sono in contrasto tra di loro. Infatti, la perizia ed abilità di uno scrittore sta proprio nel declinare il modello nel modo più adeguato alla sua storia, al suo tempo e al suo pubblico, o nel modo più originale, o con sfumature peculiari che appartengano unicamente al suo personaggio. I mutamenti di un archetipo nel corso del tempo sono prevalentemente legati a cambiamenti sociali, a nuove istanze che devono essere rappresentate affinché l’opera sia davvero rappresentativa di un’epoca.

L’eroe: dall’antichità ad oggi

Tra gli archetipi letterari la figura per eccellenza è quella dell’eroe. L’evoluzione dell’eroe nelle diverse opere, culture ed epoche ha dato vita a personaggi memorabili ed iconici. Nelle culture antiche – greca e latina, ma anche nordica, egizia o, ancor più antica nel tempo, babilonese o sumera – l’eroe è spesso un semidio, figlio di una divinità, o, se figlio di genitori umani, è il migliore del suo tempo, invincibile e inarrestabile. Va incontro al pericolo con fare incurante, combatte mostri e nemici e viaggia, visitando luoghi inesplorati e scoprendo nuove realtà. Odisseo è uno dei modelli più conosciuti: viaggia tra il Mar Egeo e il Mediterraneo, sconfigge Ciclopi, mostri marini, maghe, sirene e infine gli uomini che volevano usurpare il suo trono.

eroi greci

Un’altra caratteristica dell’eroe antico è riassumibile nella celebre espressione kalòs kai agathòs, anche chiamata ideale della kalokagathia. La nobiltà e il coraggio dell’eroe – cioè il suo essere agathòs, “buono” – devono riflettersi anche nella sua bellezza esteriore – egli è perciò kalòs, “bello”. Non è ammissibile che un eroe sia brutto, perché bruttezza, deformità o difetti fisici sono sintomi e indicatori di una bruttezza interiore, di una mancata nobiltà d’animo, di assenza di coraggio e di virtù.

La tradizione dell’eroe viaggiatore “senza macchia e senza paura”, pronto a sconfiggere nemici e ad aiutare i bisognosi, sopravvive all’età antica e la sua fortuna non si esaurisce, anche se progressivamente si aggiungono alcuni nuovi tratti che ne modificano i connotati. In età medievale e rinascimentale l’eroe diventa un cavaliere al servizio di un re. Due sono le principali rappresentazioni del cavaliere che hanno avuto successo in svariate opere:

  • il difensore della fede cristiana;
  • il cavaliere di tipo “cortese”.

In particolare, il difensore della fede cristiana, importante soprattutto nel periodo delle crociate, veniva identificato con il guerriero che combattevano per la conquista di Gerusalemme. Questi guerrieri a cavallo sono soliti viaggiare molto per luoghi inesplorati e affrontare svariati pericoli. Ma in loro appare un pensiero prima inedito, una diversa ragione di vita oltre all’onore da acquisire in battaglia: l’amore. L’amore, spesso impossibile o adulterino, diventa una forza propulsiva più potente di ogni altra cosa al mondo, persino del sovrano per cui combattono.

Si pensi alle storie di re Artù e i suoi cavalieri della Tavola Rotonda o alle avventure raccontate nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1516). Nel primo caso il cavaliere Lancillotto ama Ginevra, moglie del suo re Artù. Nel secondo invece Orlando ama Angelica, principessa dello schieramento avversario, e per lei addirittura abbandona la battaglia e viene meno ai comandi del suo sovrano. Insomma, sono ancora gli eroi che nascono da una tradizione plurisecolare, ma hanno anche nuove caratteristiche. L’archetipo varia nel tempo, assume forme nuove e attualizzate rispetto l’epoca in cui si colloca. Dai cavalieri sul modello dell’Orlando ariostesco deriva uno dei personaggi più iconici della letteratura mondiale, che tutti conoscono anche se non hanno letto il romanzo che lo vede protagonista: il Don Chisciotte di Miguel Cervantes (1605-1615).

Fin qui si è parlato di eroi che affiancano il sistema politico-sociale a loro contemporaneo e che sono, per così dire, le braccia armate al servizio del potere o ne sono loro stessi a capo. Ci sono tuttavia eroi fuori da questo circuito e che il potere lo combattono. Chi non conosce Robin Hood, figura a metà tra la storia e il mito e oggetto di svariate raffigurazioni letterarie e cinematografiche? Vissuto tra il XII e il XIII secolo, egli era un abile arciere fedele al re Riccardo Cuor di Leone, il cui trono era stato usurpato dal crudele Giovanni Senzaterra. Ecco che Robin Hood si oppone al potere ed inizia una guerriglia contro l’autorità a danno dei nobili, secondo il motto rubare ai ricchi per dare ai poveri.

personaggi letterari

Tutte queste rappresentazioni di eroi non restano nel passato, ma evolvono e arrivano fino ai giorni nostri. I protagonisti di un libro o film fantasy, come Bilbo Baggins de Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien (1954) e Harry Potter di J.K. Rowling seguono esattamente questo fortunato modello. Nel fantasy si ha un passaggio ulteriore nella connotazione di questi archetipi letterari: l’universalità dell’impresa dell’eroe. In passato, le avventure eroiche avevano un carattere personale e privato, o limitato a determinati popoli o eserciti. Nel genere letterario moderno si combatte per la salvezza del mondo intero, tutto è sulle spalle dell’eroe che intraprende il suo viaggio e la sua lotta per salvare l’umanità.

L’eroe moderno, che non lotta e non combatte

Tra gli archetipi letterari esiste un altro tipo di eroe, il più diffuso nella letteratura da circa il Settecento ad oggi. Si tratta di un eroe che non combatte concretamente contro un nemico, che non viaggia, non affronta pericoli fisici o mostri, ma che combatte e affronta la propria interiorità. Sto parlando dell’eroe moderno, che fronteggia la realtà della vita quotidiana, la grandezza dei suoi sentimenti, dei suoi desideri e passioni, talvolta tanto grandi, tanto potenti e totalizzanti da richiedere l’impiego di tutti i suoi sforzi per farvi fronte. Sono personaggi complessi, dalle mille sfaccettature, che vogliono rappresentare in tutto e per tutto l’uomo reale.

Gli esempi sono infiniti e tutt’oggi la letteratura, che si nutre prevalentemente di questa tipologia di protagonista, continua a produrne. Per citare qualche esempio, sono eroine Elizabeth Bennet e gli altri personaggi di Jane Austen, che combattono per la propria libertà di donne o per il loro amore. Sono eroi i pirandelliani Mattia Pascal e Vitangelo Moscarda, alla disperata ricerca della propria identità. È eroe anche il giovane Arturo di Elsa Morante, che “lotta” per diventare adulto.

archetipi letterari

Indubbiamente, i cambiamenti e gli sviluppi sociali hanno richiesto la costante presenza, all’interno delle opere letterarie, di soggetti che rispecchiassero la contemporaneità. I lettori non sono più paghi di un ideale eroico arcaico, che da tempo ormai è realizzabile solo in opere di genere fantastico e non più in testi che mirano a rappresentare la società. L’uomo sente la necessità di leggere nei romanzi una realtà e un modo di essere che sente suo, in cui possa vedere se stesso, in tutte le sue contraddizioni e difficoltà nell’affrontare la vita.

Il doppio dell’eroe: l’antieroe

Se l’eroe è sempre definito il protagonista di un racconto, è pur vero che questo protagonista sarebbe pressocché inerte e non sarebbe stato scritto nulla su di lui se un antagonista, un antieroe, non gli si fosse opposto o non lo avesse ostacolato. Negli archetipi letterari l’antieroe è spesso lo specchio dell’eroe, il suo doppio. Ha le qualità opposte a quelle dell’eroe e manca di tutte le sue caratteristiche migliori: è sleale, non ha ideali né moralità; ha una personalità narcisistica e con tratti di psicopatia.

Uno dei primi antieroi della storia è Tersite, personaggio che compare nell’Iliade. Tersite è il peggiore a combattere sotto le mura di Troia, pavido e codardo e, ovviamente, estremamente brutto fisicamente, gobbo e zoppo. Insomma, come si è visto, brutto, nell’ideale greco arcaico, equivale a moralmente indegno e Tersite incarna in tutto e per tutto questa regola.

Se continuiamo ad intendere l’antieroe nell’accezione di oppositore al protagonista, di esempi ce ne sono a bizzeffe, antichi e moderni. Nell’universo degli archetipi letterari sono antieroi tutti i mostri che popolano le grandi saghe epiche del passato – si pensi, fra i tanti, a Polifemo nell’Odissea – ma anche a tutti i nemici delle saghe fantasy di tutti i tempi; lo sono gli eserciti di “infedeli” con cui combattono i paladini delle storie cavalleresche. Ma gli antieroi non sono necessariamente non umani, possono anche essere uomini comuni che si oppongono al protagonista, come Don Rodrigo che ostacola Renzo.

Una nuova accezione del termine “antieroe”

Si è detto che l’antieroe manca di tutte le qualità che possiede l’eroe: non è nobile, non è buono, non ha ideali. Tutte queste caratteristiche, in alcuni testi letterari, non vengono associate all’antagonista, ma al protagonista stesso, che diventa una figura che non ha qualità, che spesso risulta anche sgradevole perché manca di moralità o di forza e volontà: si tratta di una diversa accezione del termine “antieroe”, inteso come un eroe che non si comporta come dovrebbe.

L’apice di questa rappresentazione si ha tra Otto e Novecento: uomini e donne incapaci di assumere il proprio ruolo all’interno della società, che non vivono appieno la loro realtà perché non ne sono in grado e non ne hanno le qualità, ma vengono piuttosto trascinati dalla vita. Emblema italiano dell’antieroe in tal senso, che potremmo anche chiamare, in questo caso specifico, inetto, è Zeno Cosini, protagonista del romanzo di Italo Svevo La coscienza di Zeno (1923).

Quest’accezione è prevalentemente applicabile ai testi moderni, che mettono in scena archetipi letterari più complessi emotivamente e psicologicamente rispetto a quelli del passato, soggetti a tutto tondo, dalle mille contraddizioni – proprio come tutti noi – e che quindi meglio si adattano ad essere figure “problematiche”.

antieroe

Tuttavia talvolta la critica letteraria attribuisce la definizione di “antieroe” nel senso appena descritto anche a testi precedenti. Uno dei casi che più mi interessa tra gli archetipi letterari è quello dell’eroe greco Giasone, protagonista del poema epico Le Argonautiche di Apollonio Rodio, composto nel III secolo a.C. Il problema in relazione a Giasone è che egli non agisce come tutti gli eroi greci che lo hanno preceduto: compie azioni eroiche non per dimostrare il suo valore, il suo coraggio e la sua virtù, ma perché deve farlo. Segue un destino che gli è stato imposto con passività e talvolta anche con insofferenza, sicuramente senza avere alcuna convinzione nelle sue battaglie. Sarebbe la perfetta definizione di antieroe rispetto a ciò che ci si aspetta da un personaggio di una saga greca, giusto? Eppure credo che sia bene anche contestualizzare questa rappresentazione in relazione al pubblico.

Le Argonautiche sono di molti secoli successive ad Iliade ed Odissea, poemi che hanno canonizzato la figura eroica e ne hanno fissato i tratti e le caratteristiche: questa distanza di secoli deve aver influito e Apollonio Rodio non ha potuto rappresentare nel suo poema Giasone sul modello di Achille o Odisseo, perché sarebbe apparso troppo lontano al suo pubblico, che non condivideva più gli ideali arcaici incarnati dai due poemi omerici. Forse Giasone non è davvero un antieroe, ma è un personaggio che, ormai lontano da mentalità del passato, agisce come un giovane della contemporaneità dell’autore.

Ogni opera letteraria va letta come figlia del suo tempo, del periodo in cui è stata prodotta, e non in base a categorie fisse e considerate immutabili. Il caso di Giasone, con cui ho concluso, è solo uno fra tanti, ma la breve – rispetto a tutto il panorama letterario esistente – rassegna delle tipologie di eroi e dell’evoluzione di questo archetipo può essere indicativa per comprendere come sia la società in cui il testo si colloca a determinare le caratteristiche imprescindibili di un personaggio. L’archetipo resta, le sue caratteristiche peculiari mutano al mutare del pubblico.


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