Esistono musiche senza spazio né tempo: vano è il tentativo di cercare quando siano nate, quali e quante influenze abbiano subito, per quali eventi o grazie a quali circostanze abbiano modificato il proprio codice genetico.
Tra queste, la Cumbia è una musica popolare, un canto, una danza di corteggiamento originaria delle popolazioni africane e, nel tempo, contaminata grazie a suoni e strumenti musicali di matrice europea, in primo luogo spagnoli e andini.
Molto popolare in tutta l’America Latina, il sound della Cumbia si sviluppa nella piantagioni della Colombia coloniale e di Panama, chiamate kumbè per via dei suoni e dei canti degli schiavi originari del Congo e della Guinea.
La mezcla originata dall’incontro culturale tra razze africane, nativi del nuovo mondo e dominatori spagnoli ha definito il substrato per la nascita del gaitero, l’interprete della cumbia, trasformando una tradizione popolare in un fenomeno musicale di vasta portata già alla fine dell’800. La progressiva stratificazione timbrica e ritmica attraverso il solco tracciato dalla tradizione nera ha portato strumenti tribali di origine india, a fiato e a percussione, quali guacharaca, guiro, claves, timbales a plasmarsi con le vibrazioni delle corde ispaniche mentre un nuovo idioma, risultato dello scontro tra la lingua spagnola e africana, pervadeva le popolazioni dell’istmo durante il periodo della dominazione coloniale.
Dal punto di vista sociale, il passaggio dalla fase rituale, ancestrale e a prevalenza percussiva a quella evoluta e al contempo decisamente più sofisticata del sonido cumbiano corrisponde alla progressiva uscita dalla schiavitù, periodo nel quale le famiglie di neri, meticci e zambos fondano i propri villaggi sulla costa dell’Atlantico a nord di Panama. Alle tessiture timbriche vengono così aggiunti gli elementi vocali, nella doppia articolazione di coro e voce solista, mentre i ritmi afro sposano una musicalità bianca, quasi europea.
Agli inizi del Novecento, in questa nuova veste, la Cumbia diventa il nuovo fermento culturale delle città colombiane della costa, prima fra tutte Barranquilla, dove nel tempo si afferma come fenomeno di tendenza nei locali pubblici lambiti dalle onde del Mar delle Antille e frequentati anche da nordamericani. Non a caso, a partire dagli anni ’50 gli elementi fondanti della cumbia sono stati recepiti da molte famose danze caraibiche, quali merengue e salsa, che, a differenza del ballo tradizionale colombiano, sono state impoverite da un’eccessiva massificazione commerciale.
Sebbene la Cumbia non abbia mai spesso di rappresentare una delle icone musicali della cultura pop latino-americana, la sua fama al di fuori delle Americhe è dovuta essenzialmente ad alcuni musicisti colombiani come Pacho Galán e Lucho Bermúdez che hanno contribuito a creare quella forma più raffinata in grado di conquistare anche l’audience europea: non a caso il periodo a cavallo degli anni ‘50 è conosciuto come “The Golden Age of Cumbia”.
Le derivazioni e i rimescolamenti dei suoni della Cumbia hanno portato alla nascita di varianti nazionali di successo: la Cumbia Chica, dove prevalgono le melodie andine d’ispirazione peruviana e il sincretismo con i suoni tradizionali della Bolivia e del Messico, la Villera argentina, il cui nome rimanda alle classi emarginate e agli slum di Buenos Aires dai quali risuonavano le note ipnotiche e trascinanti delle band tradizionali più “chanchone” del pentagramma tropicale. Al contempo, nuove contaminazioni d’ispirazione rock, e, negli ultimi anni, di matrice hip-hop oltre alla fusione con gli elementi dei nuovi ritmi urbani hanno “sporcato” con rinnovato entusiasmo l’ispirata rinascita di questa scena musicale simbolo della cultura “meticcia”, soprattutto in Brasile e in Cile. Paesi nei quali si è già affermata in tempi recenti una vitale scena pop nazionale, la cui eco si irradia anche all’estero grazie alla diffusione virale e amplificata, favorita dai canali web e dalle piattaforme social che ruotano intorno ai servizi di streaming.
Un nuovo modo di intendere la tradizione musicale ballabile latina è la cosiddetta Digital Cumbia o Cumbiatron, una nuova proiezione del sound colombiano, divertente e allo stesso tempo innovativa, aggiornata grazie all’apporto di ritmiche spezzate e destrutturate che rimandano all’abstract hip hop e al footwork, oltre ad altri elementi dal sapore hipster, semplificazioni armoniche, una decisa e sferzante iniezione di dance elettronica e suoni digitali, e, in alcune soluzioni di carattere più ironico, atmosfere noir, western, surf, e un’immancabile dose di neo-psichedelica.
Per citare almeno dei precursori, in Colombia i pionieri Sidestepper hanno aperto il varco all’affermazione del collettivo pop Bomba Estereo, che a metà degli anni duemila ha fatto vacillare i palchi europei con raffiche esplosive di hip-hop e un techno-tropicalismo che è diventato il loro marchio di fabbrica.
A Buenos Aires la label di culto ZZK Records ha portato all’attenzione della scena culturale albiceleste una nuova generazione di artisti quali Frikstailers e Fauna che hanno infettato la cumbia con elementi di psichedelia, tribalismi e techno-kuduro mentre il duo Super Guachin si è divertito a mescolare campioni di strumenti tradizionali a beat elettronici e innestato rumori e bleep tratti da videogiochi degli anni ’80 nei nuovi suoni d’ispirazione andina.
A dimostrazione del fatto che neanche i Paesi centro-americani sono esenti dall’infezione virale della Cumbiatron, basti surfare tra i video dei giovani rapper indipendenti messicani e californiani per apprezzare rime nuove, sporcate da suoni pre-colombiani e africani: in Messico i collettivi Toy Selectah e 3Ball MTY hanno lanciato la nuova moda dance del Tribal Guarachero, mentre negli Stati Uniti i Kottonmouth Kingse il DJ/Producer Munchi, tra gli altri, hanno già lanciato la sfida, aprendo lo stile Nu-Cumbia a nuove contaminazioni con il sub-genere denominato Cumbia-Trap dove questa si sposa addirittura con il trip-hop, aggiungendo un altro ingrediente in questa speziata e agrodolce ricetta ritmica.
Le band e i combo formati da DJ, producer e musicisti di Nu Cumbia sono oggi tra i più richiesti nei festival internazionali oltre a essere osservati speciali delle major discografiche per le prospettive di mercato non soltanto in America Latina.
La sperimentazione e il divertimento sono i tratti distintivi dei Dengue Dengue Dengue, il duo peruviano che ha l’abitudine incendiaria di far saltare i dancefloor con delle performance scure, intense dove ritmi tribali possenti scandiscono una nuova danza collettiva, nella quale trovano spazio accelerazioni footwork e frenate ritmiche dalle forti influenze dub.
“Serpiente Dorada”, pubblicato nel 2014 per l’etichetta dei Buraka Som Sistema, Enchufada Records, è tra le migliori uscite dell’anno anche secondo il Washington Post. Nel giugno 2016 pubblicano sempre per Enchufada il secondo full length dal titolo “Siete Raices”, che li consacra come maggiori esponenti della Global club music.
La Cumbiatron dei Dengue Dengue Dengue sarà protagonista del live in programma a Villa Ada, per Roma Incontra il Mondo, giovedì 7 settembre.
Il combo peruviano arriva nella Capitale seguendo l’onda lunga del movimento della Digital Cumbia nostrana (da alcuni ribattezzata “spaghetti cumbia”) che negli ultimi anni si è affermata con successo anche grazie alla fervente attività condotta dall’Istituto Italiano di Cumbia – collettivo di 9 gruppi, dj, producer capitanati da Davide Toffolo.
I Dengue Dengue Dengue saranno accompagnati sul palco da Gabriel Kerpel, King Coya, funambolico interprete del folklore andino, sapientemente dosato con le ritmiche downtemo.
La temperatura è scesa, la battuta è lenta, siete pronti a sudare?
Que comience la Fiesta!