L’attenzione per una comunicazione visiva chiara, di qualità, seduttiva e minimale che caratterizza l’attività di Bake agency non poteva non annoverare tra le sue fonti d’ispirazione quella impostata e veicolata attraverso i canali discografici dalla storica label ECM e quindi dalle visioni del suo direttore artistico Manfred Eicher.
La storica etichetta tedesca con base a Monaco ha ridefinito gli spazi liminali e subliminali di una ricerca estetica che ha confuso le contingenze del jazz con le rarefazioni della musica elettronica, la matrice etnica – sua radice indissolubile – ed escursioni multiterritoriali della musica classica degli anni ‘70, una ricerca d’avanguardia intrisa di minimalismo e lacerazione timbrica.
Mesmerizzante l’ambiente sonoro come il ritmo e la percezione anche psichica dei suoi riverberi. Catturando le meditazioni di Jan Garbarek, Dave Holland, Arvo Part, The Hilliard Ensemble, Rabih Abou Khalil, Zakir Hussain, per citare alcuni dei più influenti interpreti della sua “filosofia”.
Nella duplice veste di produttore discografico e direttore artistico, Eicher ha inseguito e raccolto il suo sogno alchemico registrando il suono come la luce. Quella degli scatti fotografici che hanno caratterizzato come traduzione visiva il presupposto sonoro e reso le copertine dei propri dischi come dei quadri ad un esposizione. Cornici di magica interiorità.
La luce è quella del nord europa, glaciale, fredda, un’atmosfera che rimanda all’universo interiore del cinema di Bergman sua indiscutibile fonte di’ispirazione. Nelle sue stesse parole, la copertina dei suoi dischi è una traduzione metaforica e al di là dei significati che essa è in grado di veicolare è sopratutto un segno. Un segno come un sogno di contemplazione che parla direttamente alla musica, in un gioco di rimandi allusioni e pacificazioni.
Si pensi ad esempio alla serie “Chants To Nature” della fotografa Lourdes Delgado. Suggestive textures lignee utilizzate per illustrare gli ambiti del trio jazz Fly in “Year of The Snake”. Oppure alla lunga e storica collaborazione con i magnfici attimi rarefatti, paesaggismi come stati di sospensioni, realizzati dalla lunga collaborazione con l’italiano Roberto Masotti. Incursioni nel tempo e fuori dal tempo. Terre e luoghi da immaginare, atmosfere dense, ombre e penombre, evanescenti foschie del vivere quotidiano.
Non a caso il suo duplice lavoro sul suono e sul segno – basti pensare a “Sleeper” di Keith Jarrett e alla sua grafologia rossa che emerge da un fondo di nera necessità o alle mobili astrazioni della pittura di Akiko Kitami per il trio di Masabumi Kikuchi – è stato al centro di una mostra all’Haus der Kunst museum di Monaco lo scorso anno dal titolo: ECM – A cultural archeology.
Okwui Enwezor lavorando come direttore artistico ha sottolineato proprio come la forza del lavoro di Eicher consista nel riuscire a trovare linee di connessione e interdipendenza tra differenti discipline artistiche. Raccogliendo olisticamente frammenti sparsi di un comune discorso, di un comune bisogno. Recuperandoli nella musica come nel teatro, nel cinema, nella grafica, nella fotografia e nell’arte contemporanea. Un’etichetta fondamentale da ascoltare e da vedere.
Luca Perini | Bake agency