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ECONOMIA IN PILLOLE.
Deficit/PIL al 3%: sforzo necessario o peso da cui liberarsi?

EU

Molti italiani sono consapevoli del fatto che l’Italia fa parte del Fiscal Compact o Trattato di Stabilità, un trattato europeo approvato a Marzo 2012 e ratificato poco dopo in tante economie dell’Unione Europea.

In Italia tale trattato è stato ratificato nel Luglio del 2012.

Tra le altre cose, il fiscal compact impone a tutti gli stati membri di non sforare il tetto del 3% del Deficit/PIL.

Questa misura negli ultimi anni ha fatto tanto discutere.

C’è chi pensa che tale misura sia un tappo alla crescita, soprattutto per i paesi mediterranei come l’Italia.

E c’è chi pensa che questa misura sia assolutamente necessaria per garantire la stabilità delle economie dell’eurozona, per integrare sempre più l’UE, e soprattutto per evitare forti crisi economiche derivanti da un eccessivo debito pubblico.

Ma procediamo con ordine.

Cerchiamo prima di capire cos’è il deficit di bilancio, cos’è il debito pubblico e cos’è il Debito/PIL.

Prima però un disclaimer: questo articolo non è un articolo politico. È un articolo economico che ha lo scopo di analizzare il vincolo europeo del Deficit/PIL massimo al 3%: che risultati ha prodotto? Ha funzionato? Sta funzionando? Ha prodotto più benefici o problemi?

Iniziamo.

fiscal compact

Cosa sono Deficit Pubblico, Debito Pubblico e Debito/PIL

Senza andare troppo nel dettaglio nella formazione del bilancio dello stato, come forse saprai tale bilancio può essere sintetizzato dalla seguente semplice formula:

“T – G”, dove T sono le entrate pubbliche e G è la spesa pubblica.

T include varie voci come imposte dirette, imposte indirette, tasse, entrate derivanti dal patrimonio pubblico, e altre voci di entrata minori.

G include tutte le varie voci della spesa pubblica come le spese per il personale pubblico, le spese per gli investimenti pubblici in infrastrutture, i trasferimenti agli enti pubblici locali, le pensioni, i sussidi, etc…

T – G da luogo quindi a 2 possibili scenari: creazione di un avanzo pubblico (se T > G) o creazione di un disavanzo pubblico (se G > T).

Ogni volta che si crea un deficit nell’anno corrente, esso si aggiunge al debito pregresso. E per finanziare questo nuovo debito, uno Stato emette e colloca i Titoli di Stato.

Va da sé, dunque, che più il deficit in un anno è elevato, più il debito pubblico complessivo cresce.

Come sai, il debito pubblico in Italia è decisamente importante ed elevato.

Tuttavia, nota che non è importante il dato sul debito pubblico in sé. Il dato da monitorare è quello relativo al Debito Pubblico/PIL.

Come mai?

È semplice: il rapporto Debito/PIL indica quanto uno stato è economicamente forte rispetto al suo debito.

E dunque un Debito/PIL basso indica che lo Stato sarà in grado di far fronte ai sui debiti.

Mentre un Debito/PIL molto elevato è una spia sul fatto che il paese potrebbe avere difficoltà a ripagare il suo debito, e quindi è un sintomo di un eventuale rischio default che ha sempre conseguenze devastanti per il paese che lo subisce.

debito

Il Fiscal Compact e l’Italia

Ora che sai cos’è il Debito/PIL e il deficit di bilancio, puoi intuire cosa ha significato avere negli ultimi anni un Deficit/PIL ancorato a non oltre il 3% (sebbene a volte si sia comunque sforato un tantino).

Avere il Deficit/PIL ancorato al massimo sul 3% ha sostanzialmente significato avere pochissimo spazio di manovra in ambito di politica fiscale.

Pensiamoci.

Se T – G doveva restare minore del 3%, ciò comportava che T non poteva diminuire più di tanto, né che G poteva aumentare più di tanto.

E quindi da un lato non si potevano tagliare le tasse e le imposte (diminuire T).

Dall’altro non si poteva aumentare la spesa pubblica (aumentare G) per stimolare la crescita e/o aiutare chi è in difficoltà.

Bene, penserai, ma almeno in questi anni il Debito/PIL è diminuito!

Sono stati anni di sacrifici per far diminuire il maledetto Debito/PIL, ma i frutti sono arrivati. Vero?

No……!

Il fallimento dell’Austerity

Senza addossare a nessuno la responsabilità politica, bisogna però basarsi sui fatti.

E i fatti dicono che dal 2012 ad oggi il Debito/PIL italiano è passato dal 123% al 132%.

Com’è stato possibile?

Sarebbe bastato stare a sentire premi Nobel per l’economia come Arrow, Diamond, Sharpe, Maskin, Solow e Krugman. Tutti contro l’austerity e contro il Deficit/PIL fisso al 3%.

Questi economisti hanno sottolineato qualcosa di ovvio, che però incredibilmente ancora oggi sfugge alla Germania e all’UE.

È il Debito/PIL il dato da far diminuire per l’Italia e per gli altri paesi europei in difficoltà, non il debito pubblico in sé

Il motivo per cui il Debito/PIL italiano è aumentato, dal 2012 ad oggi, è che ci si è concentrati sul far diminuire il numeratore, il Debito. Tralasciando completamente il denominatore, il PIL.

Le misure di austerity avranno anche fatto diminuire la creazione di nuovo debito, ma hanno ucciso la crescita economica italiana. Hanno ucciso la crescita del PIL.

Per questo il rapporto Debito/PIL è cresciuto e non diminuito.

E infatti tutti questi economisti sostengono, basandosi su degli studi, che stabilire un rapporto Deficit/PIL massimo al 3% può dare rigore sui conti e portare qualche beneficio in economie che attraversano una fase economica di crescita positiva e moderata (vedi la Germania).

Ma il Deficit/PIL massimo al 3% è devastante in negativo in periodi di forte recessione, periodi nei quali sarebbero necessarie misure extra per tagliare T (le tasse) e aumentare G (la spesa pubblica). Con il fine di far ripartire gli investimenti, i consumi, l’occupazione e quindi il PIL, la crescita.

E come sai, il fiscal compact è entrato in vigore proprio in un periodo di forte recessione per l’Italia e per altri paesi europei.

merkel juncker

Conclusione: sforare il 3% per ripartire

In conclusione, penso che la storia economica recente abbia dimostrato che sforare il 3% di Deficit/PIL per un paese come l’Italia è oggi necessario per far ripartire l’economia e anche per far scendere il Debito/PIL.

Lo scopo sarebbe quello di far crescere il denominatore (il PIL) più del numeratore (il Debito, che comunque con questa ricetta economica dovrà aumentare).

Una ricetta economica opposta rispetto all’austerity.

Ma se una ricetta economica ha fallito, è giusto che sia cambiata. E l’austerity ha fallito.

Il PIL italiano continua a faticare, nonostante i fortissimi aiuti monetari di Draghi degli ultimi anni. Chi esulta perché negli ultimi 3 anni i dati economici italiani su occupazione e crescita sono passati dal segno “meno” al segno “più” sbaglia.

Perché i dati italiani su crescita e occupazione sono passati dal segno “meno” al segno “più” grazie ai grandissimi aiuti monetari ricevuti dalla BCE.

Anzi, purtroppo la verità è che “nonostante questi grandissimi aiuti monetari, siamo cresciuti pochissimo rispetto a quanto avremmo dovuto”.

E infatti siamo gli ultimi in Europa per crescita, dimostrazione del fatto che gli altri paesi europei hanno sfruttato molto meglio di noi le politiche monetarie espansive di Draghi. Ne parlerò nel dettaglio in uno dei prossimi articoli di “Economia in Pillole”.

Tornando a noi, è chiaro che per finanziarie misure per la crescita è importante non solo sforare il vincolo del 3%, ma anche cercare di risparmiare il più possibile attraverso misure come la lotta all’evasione, la riduzione dello spreco di soldi pubblici, la riorganizzazione di organi pubblici inefficienti, etc…

C’è dunque, chiaramente, un lato esclusivamente di politica economica interna. Ma tutto ciò non basta.

È necessario un fortissimo piano di politica fiscale espansiva. E per fare ciò c’è bisogno di sforare, e alla grande, il vincolo del 3%!

Non lo dico io, lo dicono Maskin, Solow, Krugman e tanti altri economisti di fama mondiale.

Se vuoi approfondire, di seguito trovi un breve articolo proprio di Krugman dal titolo significativo: “Nessuno capisce il debito“.

Non sarà facile far terminare l’austerity, soprattutto perché ci sarà da imporsi con la Germania. Però è qualcosa che oggi appare sempre più necessario.

Perché l’austerity ha fallito. E sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico. Soprattutto se di mezzo c’è la vita delle persone.

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