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Fallout: alla ricerca dell’umanità

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Fallout è la serie televisiva prodotta e distribuita da Prime Video, adattamento dell’omonima serie di videogiochi ideati alla fine degli anni ’90 e tutt’ora in evoluzione tra sequel e spin-off. 

La serie riproduce l’ambientazione post-apocalittica e l’atmosfera retrofuturista del videogame nei più piccoli dettagli. I tre protagonisti sembrano quasi sostituire i giocatori, ognuno con una sua “missione”. I loro cammini si incontrano e dividono continuamente, dando così vita a una storia originale.

Trama

Provate a immaginare un mondo in cui gli anni di piombo — i terribili anni che hanno caratterizzato la seconda metà del ’900 — si siano conclusi non con il graduale scioglimento della minaccia atomica, ma piuttosto con la sua esplosione. 

Questo è il mondo di Fallout: un futuro in cui l’umanità è stata decimata dalla bomba atomica e i sopravvissuti devono cavarsela come meglio riescono. Come se la sta cavando l’America? 

La prima realtà che ci viene raccontata è quella dei Volt, strutture costruite sotto la superficie e perfettamente autonome da essa. Ogni Volt è una piccola comunità che ha contatti con gli altri Volt solo per strette necessità, e nessun contatto con il mondo esterno. Sono delle piccole bolle protette, in cui i più ricchi e benestanti cittadini d’America si sono rifugiati con l’arrivo della fine del mondo. Ciò che viene insegnato a chi nasce nel Volt è la certezza di essere il futuro e la salvezza dell’America, che rinascerà proprio grazie a loro. Saranno loro a ricostruire la società civile e a riportare sulla superficie giustizia ed equità

D’altronde chi vive nel Volt lo sa bene: fuori esiste solo la barbarie, la disperazione e la violenza. O almeno così è raccontato. Quando la scena si sposta sul mondo della superficie, ci rendiamo conto che non è proprio così. Certo c’è il caos e c’è molta anarchia, ma anche qui gli esseri umani hanno provato a organizzarsi. Per esempio con la Confraternita d’Acciaio, un ordine militare in cui i soldati sono dotati di armature quasi invincibili. Ci sono delle piccole città, in cui vige la legge — e lo stile — del Far West. A vivere peggio di tutti sono i ghoul, esseri umani colpiti dalle radiazioni nucleari e trasformati in mostri incapaci di controllare la violenza. Per tenere a bada questa brutalità che emerge col tempo, queste creature devono procurarsi dei sieri bloccanti e tentare di continuare a vivere in uno stato ibrido, tra l’umano e il mostruoso. 

Le tre realtà di Fallout – i Volt, la superficie umana e quella dei ghoul – vengono raccontate attraverso tre personaggi: Lucy, Maximus e il Ghoul

I personaggi

Lucy: la speranza

Ce lo dice il nome stesso: Lucy è la “luce”, l’elemento luminoso di Fallout. In un mondo post-apocalittico rimanere positivi è a dir poco difficile. Lucy è nata e vissuta in un Volt, un ambiente protetto, caratterizzato da un forte senso di comunità e collaborazione, dalla gentilezza e dalla “regola d’oro” – fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te.

È facile essere moralmente, mentalmente e fisicamente integri quando si vive così. Eppure Lucy è un personaggio molto più interessante di quel che appare all’inizio: non è il semplice prodotto di un microcosmo perfetto, ma un personaggio la cui complessità emerge appena inizia il suo viaggio. Quando il mondo che ha sempre conosciuto comincia a cadere un pezzo dopo l’altro, lei inizia a rimboccarsi le maniche e a reinventare se stessa. 

Ciò che caratterizza Lucy è che la disillusione non la porta a un pessimismo o a una ribellione ai valori umani che ha imparato. Lucy si dimostra in grado di adeguarsi alla realtà che le si svela senza rinunciare alla sua essenza luminosa – che sembra racchiusa in una piccola espressione: «okey dokey». Una specie di mantra che Lucy ripete ogni volta che deve avventurarsi in un nuovo, irto cammino verso la verità.

Maximus: il cavaliere

Maximus è un abitante della superficie. Da bambino, la sua città è stata rasa al suolo e lui è rimasto solo, unico sopravvissuto. La Confraternita di Acciaio lo ha accolto nell’esercito e lo ho cresciuto per essere un soldato. Maximus non è il migliore tra i suoi compagni, ma coltiva l’ambizione di raggiungere il grado più importante – quello di cavaliere. 

Tutta la sua vita si basa su questo desiderio, che affonda le sue radici nell’infanzia di Maximus, quando uscito dal rifugio che lo aveva salvato dalla morte certa, si ritrova sì circondato dalla distruzione, ma anche in presenza di un maestoso cavaliere nella sua armatura. Da questo capiamo che quello di Maximus è un sogno infantile e che per quanto sia stato cresciuto in un ambiente militare in realtà conosce poco e niente della vita.

Il suo cammino assume una prospettiva diversa quando incrocia quello di Lucy. Si ha l’impressione di assistere all’incontro di due bambini, affascinati l’uno dall’altro, con la voglia di fidarsi e di creare un legame. Si incontreranno e si divideranno più volte, ogni volta crescendo un po’ di più.

Il Ghoul: il mostruoso umano

Il Ghoul non ha nome. O meglio, non lo ha più. 

Come tutti gli altri, un tempo era umano — un umano importante nella storia passata, come ci viene pian piano svelato. La vita di questo personaggio viaggia su due livelli. Un passato molto umano, in cui impariamo a conoscerlo come un uomo gentile, intelligente e fondamentalmente buono; e un presente assolutamente mostruoso, in cui il ghoul non si fa alcuno scrupolo ad uccidere chiunque gli convenga pur di raggiungere i suoi scopi. Qui però sorge la domanda: qual è il suo scopo?

È facile comprendere il motivo dei singoli gesti che compie, per pura necessità di sopravvivenza e grazie a un cinismo sviluppato negli anni. Ma il vero motivo della sua avventura — in compagnia di un cane — rimane oscuro fino alla fine. Forse non ci viene detto perché lui stesso non vuole ammetterlo. Non sarebbe poi così terribile dirlo: ciò che lo spinge a compiere ogni gesto, anche quello più violento e mostruoso, è in fondo una speranza

Per questo l’incontro con Lucy sarà fondamentale per il Ghoul — per quanto lui lo negherà fino a scontrarsi con l’ennesimo ostinato «okey dokey» di Lucy.

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