In ogni grande storia ci sono figure messe da parte. In ogni grande racconto ci sono persone dimenticate, nomi che non vedranno mai la luce, persi tra altri mille più grandi, più importanti di loro.
Quella della nascita del cinema è una storia grande, importante, antica, e forse non tutti la conoscono per intero ma in molti conoscono un nome: Lumière. Louis e Auguste Lumière: coloro che inventarono il cinema. Si associa la nascita della cinematografia ai due fratelli perché, fra tutti quelli che avevano sviluppato i primi congegni antenati dei nostri proiettori per mostrare riprese su un muro, loro furono i primi ad invitare altre persone a vederle, tutte insieme, sedute su delle poltrone. A pagamento.
Per questo i Lumière sono gli inventori del cinema, e la data da ricordare è 28 Dicembre 1895.
La data di nascita della settima arte.
La storia dimenticata di Filoteo Alberini: L’inventore italiano del cinema
Ci sono tante figure che hanno accompagnato i Lumière, anche se non le ricordiamo altrettanto bene. Non nella mentalità di massa, almeno. Georges Méliès, per esempio, il padre del cinema fantascientifico: un prestigiatore che divenne regista di sogni e famoso a livello mondiale per le innovazioni che portò alla settima arte. I grandi studiosi del cinema studiano Méliès, i grandi appassionati sanno tutto di quella che fu la sua travagliata vita. Anche se non con immediatezza da parte di tutti, il suo nome viene riconosciuto.
E Filoteo Alberini? Chi lo conosce? Nessuno. E saperlo, per noi italiani, è doloroso. Perché? Perché Alberini ha inventato il cinema prima dei Lumière, e nessuno lo sa. O lo sanno in pochi.
Vi racconto una storia. La storia dell’italiano che inventò il cinema.
«Un giorno, passeggiando, la mia attenzione fu attratta da un piccolo avviso, esposto nella vetrina di un negozio: “grande novità, kinetoscopio Edison, fotografia animata!”. Introdussi la moneta e, portando gli occhi in apposito oculare, l’esclamazione di meraviglia mi uscì spontanea dalla bocca. Poco dopo, mi venne in mente una cosa molto semplice: non sarebbe forse meraviglioso poter far vedere quella fotografia animata a centinaia di persone col mezzo della proiezione luminosa?»
Alberini rilasciò questa intervista nel 1923 in cui raccontava il suo primo incontro con il cinema. In quel momento Alberini vide il cinema e, per tutta la sua vita, ne fece la sua passione e ossessione tanto che, dopo aver visto il kinetoscopio di Edison, realizzò una sua macchina da presa, da proiezione, che brevettò nel 1895, cioè nell’anno in cui viene formalmente riconosciuta la nascita del cinema.
Solo che Alberini, ce lo dicono lui, la sua famiglia e la storia stessa, inventò la sua macchina da presa, il kinetografo, nel 1894, un anno prima dei Lumière. Allora perché deposita il brevetto solo un anno dopo? Pochi giorni prima della proiezione dei Lumière che segna la nascita del cinema?
La presa di Roma: La storia del primo cinema italiano
A questo punto storia, passato e realtà si mescolano e confondono tra loro e le teorie sono molte, da quella di una ipotetica menzogna di Filoteo Alberini, che avrebbe mentito affermando di aver costruito il suo kinetografo nel 1894, ad una più sinistra, che vede un tradimento da parte di un nipote di Alberini, che avrebbe venduto il kinetografo ai Lumière invece di brevettarlo in Francia per conto dello zio.
Fatto sta che, ad oggi, sono i Lumière gli inventori del cinema e sono loro che ci ricordiamo, non Filoteo Alberini, l’uomo che fu, chissà, troppo lento, o troppo perfezionista, o un bugiardo, o vittima di uno sfregio o del destino. Chi lo sa? Quello che sappiamo è che Alberini non fu solo il costruttore del kinetografo: fu un sognatore che desiderava fare cinema, esserne lui stesso una parte, e per questo a un certo punto della sua vita cercò di aprire una sala cinematografica in Italia, la prima in assoluto, proprio nel luogo in cui aveva scoperto il kinetoscopio di Edison: a Firenze. E lo fece.
Aprì una sala cinematografica anche a Roma, la prima in assoluto nella capitale. La città che ispirò Alberini, la città che ispirò uno dei più grandi film della storia del cinema: La presa di Roma.
E La presa di Roma non è un film come tutti gli altri. La presa di Roma ricostruisce il passato, un passato tuttavia giovane, accaduto solo trent’anni prima o poco più: Roma intera rimane in silenzio e allunga il collo oltre la folla per assistere alla realizzazione, per osservare il cinema e come viene fatto. Roma intera guarda Filoteo Alberini, guarda la sua arte.
Sogni, idee e fallimenti: La Passione di Filoteo Alberini per il cinema
Filoteo Alberini era un genio, un inventore, un innovativo, un folle e spesso un uomo deluso: non riuscì a brevettare il suo kinetografo, le sue sale chiusero, sconfitte e messe in ombra. Venne spesso separato e allontanato più volte dai suoi progetti e dalle sue idee, bloccato da una precaria condizione finanziaria, dagli scherzi del fato, ma fu un uomo che sognò e sognò, e inventò fino all’ultimo. A lui dobbiamo la cinepanoramica, perché riteneva che, se esistevano dei primi piani sui volti degli attori, dovevano esistere delle riprese che integrassero anche la scena, il paesaggio, per intero. Un progetto venduto per pochissimo denaro, che nessuno desiderava e nessuno riteneva utile.
Pochi anni dopo, con l’avvento del sonoro, avrebbero ripreso la cinepanoramica. Ma nessuno citò mai Filoteo Alberini come suo inventore. Così passò il tempo e Alberini brevettò un’ultima cosa, un’ultima fatica, il suo ultimo progetto: il 3D. Negli anni ’30 Alberini pensava al 3D e credeva che le persone avrebbero potuto guardare film con degli occhiali specifici, realizzati apposta per la visione. Gli dissero che era un’idea infattibile, poiché degli occhiali in sala avrebbero disturbato lo spettatore e rovinato la sua esperienza cinematografica. Chi glielo disse? Louis Lumière.
Alberini prese nota delle sue parole e, visto che gli occhiali sarebbero stati considerati scomodi, li eliminò. E brevettò così la stereoscopia senza l’uso degli occhiali. Non ci sono differenze fra gli antichi cineasti e i nostri grandi contemporanei: furono tutti sognatori e amanti del rischio, folli con una passione, una strada incanalata dentro: lo furono i Lumière, lo fu Méliès e lo fu Alberini. Ma c’è differenza tra chi rimane nella storia e chi, invece, viene abbandonato e dimenticato.
Alberini fu un uomo consumato dalla sua arte, che cercò con tutte le sue forze di affermarla e mantenerla, di compiacerla: la sua non è una storia di vittorie, anzi. Eppure, nonostante le sconfitte e la tristezza, non si arrese mai.
E questo fa di lui un grande, grandissimo artista.
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