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Scrive Cortàzar ne “Le bave del diavolo”, il racconto che ispirò Michelangelo Antonioni nel 1966 per la sceneggiatura di Blow-Up(un film sulla fotografia, sul non-pensare-e-scatta, sul feticismo fotografico, etc. etc.): «Fra i molti modi di combattere il nulla, uno dei migliori è quello di scattare fotografie, attività che dovrebbe essere insegnata precocemente ai fanciulli, perché richiede disciplina, educazione estetica, buon occhio e dita sicure. Non si tratta di mettersi in agguato della menzogna, come qualsiasi reporter, e captare la stupida silhouette del personaggio che esce dal numero 10 di Downing Street, ma in ogni modo quando si va in giro con la macchina fotografica c’è come un dovere di star attenti, di non perdere quel brusco e delizioso riflesso di un raggio di sole su una vecchia pietra, o la corsa trecce al vento di una bambina che torna con una pagnotta o una bottiglia di latte».
C’è del marcio nel digitale! Take your time! Un altro slogan, l’ennesimo. Questa volta nostro. Prendete il vostro tempo, fotografi. Quello che scattate non deve essere subito sotto i nostri occhi per forza. Non è soltanto una indiretta obbedienza al marketing che ci porta verso Lomography, o i prezzi esorbitanti di una pellicola o di una macchina LOMO (si può fare lomografia anche con una macchinetta di plastica da 5 euro vincendo una semplice asta su ebay). Qui c’è altro: il recupero dell’idea di tempo. Il tempo non è solo scatta-e-vedi, è scatta-aspetta-vedi. Perché tutto questo ci costringerà sì ad essere immediati nello scattare, ma sarà uno scatto pensato, dove si dovrà imparare ad essere veloci nel pensiero e nell’usare la macchina in nome di quella legge non scritta ma tanto evidente che privilegia quell’improvvisazione ragionata che è il vero modo di agire degli animali umani e che il digitale non può offrire perché offre forse troppe possibilità di replay.
Luigi Cristaldi | Bake Agency