Gianluca Comin, veneto, 52 anni, è stato per 12 anni Direttore delle Relazioni Esterne di Enel. Si è occupato di comunicazione anche in Telecom Italia e in Montedison, è stato portavoce e capo ufficio stampa del Ministro per i Lavori Pubblici nel 1° governo Prodi e per oltre dieci anni ha lavorato per il quotidiano Il Gazzettino, come redattore economico e parlamentare. Insegna Strategie di Comunicazione e Tecniche di Pubblicità alla Luiss Guido Carli, e nel 2012 ha pubblicato con Rizzoli un libro dal titolo “2030 – La tempesta perfetta”, scritto a quattro mani con Donato Speroni. L’abbiamo incontrato in una mattina di inizio estate, nella sede di quella che è diventata il suo ultimo successo professionale: la Comin & Partners.
1. Come si gestisce, dopo 12 anni vissuti da Direttore della Comunicazione e delle Relazioni Esterne, il distacco umano e professionale da un’azienda come Enel S.p.A.?
Dopo dodici anni alla guida delle relazioni esterne di una delle più importanti multinazionali italiane ho ritenuto che il mio percorso professionale da manager si fosse in qualche modo esaurito ed ero pronto ad aprire un nuovo capitolo della mia vita. Oggi con soddisfazione posso affermare che questa scelta si sta rivelando un successo. La mia esperienza da manager, e ancor prima da giornalista, mi ha consentito di costruire una boutique innovativa in grado di rispondere alle nuove esigenze del mercato che aziende e imprenditori devono affrontare. Si tratta di un’offerta integrata di comunicazione, lobby, strategie digitali e media relations che segue tutte le fasi di business delle aziende clienti.
2. Come ha ricordato Prima Comunicazione, durante la sua permanenza nel Gruppo Enel, ha tagliato traguardi importanti e gestito momenti impegnativi: dall’acquisizione della spagnola Endesa alla liberalizzazione del mercato energetico, dalla difficoltà nel mantenimento costante di una buona reputazione aziendale fino al boom delle energie rinnovabili. Quale tra questi ricorda con maggiore nitidezza?
Quando vivi a 360 gradi la tua azienda e il tuo lavoro, sono tanti i momenti che rimangono impressi nella memoria, un bagaglio di esperienza da conservare per progetti e traguardi futuri. L’acquisizione di Endesa, leader spagnolo dell’energia elettrica, è stata un operazione importante nel percorso di crescita di Enel nel mondo. Nonostante numerose difficoltà, che si ripercuotevano su l’intera struttura siamo riusciti a chiudere la più grande operazione M&A mai compiuta da un’impresa italiana all’estero, per un valore complessivo di circa 36 miliardi di euro. Grazie a quell’acquisizione più della metà del giro d’affari di Enel si è spostato fuori dall’Italia, facendola diventare una delle prime società europee dell’energia, con una capitalizzazione di borsa complessiva di oltre 90 miliardi di euro.
3. Comin & Partners si occupa anche della gestione di crisi di comunicazione di rilevanza nazionale e internazionale: quanto e quale peso ha assunto, negli ultimi anni, il ruolo dei social network in un ambito così delicato come la comunicazione di crisi? Crede che la brand reputation sia, per certi versi, schiava delle logiche (non sempre comprensibili ai più) dei social media?
La diffusione della comunicazione digitale e l’avvento dei social network non hanno di per sé generato un incremento del rischio in materia di reputazione e crisi aziendali. I rischi ci sono oggi, come ci sono sempre stati in passato; i nuovi strumenti e le nuove forme di comunicazione, però, hanno reso visibili eventi che una volta sarebbero passati sotto silenzio, ne amplificano la portata diffondendosi ad una velocità incredibile e superando anche i confini linguistici. Oggi un piccolo incidente è in grado di generare conseguenze negative sul modo in cui gli stakeholder percepiscono l’azienda, in virtù della molteplicità e interconnessione dei canali mediatici. Basta un caso sollevato da un singolo cliente per creare un effetto rilevante sul valore dell’azienda, grazie alla risonanza provocata dalla Rete, che può generare un incontrollabile effetto a valanga. Quello che non cambia, in una situazione di crisi, è la necessità di operare tempestivamente utilizzando tutti i canali disponibili: le prime 24 ore sono cruciali. Se non agisci per tempo, se non rispondi per tempo, rischi di compromettere il lavoro di anni. L’avvento dei social network e dell’informazione fai da te ha aggiunto inoltre nuove sfide alle tecniche di costruzione della reputazione. Ha costretto a riaggiornare manuali e pratiche, affiancando alla costruzione della reputazione anche tecniche di reputation cleaning, cioè di pulizia della Rete da notizie o immagini poco coerenti con il posizionamento di manager o leader politici.
4. In cosa si differenzia la comunicazione di brand dalla comunicazione istituzionale? Alla luce della sfiducia che affligge la visione delle istituzioni nell’immaginario collettivo, comunicare un’azienda è forse, oggi, una sfida dalle minori insidie?
La differenza è la stessa che esiste tra la parte e il tutto. La comunicazione istituzionale riguarda l’impresa nella sua interezza e pone al centro del messaggio la sua identità, i suoi valori e i suoi progetti in senso largo. La comunicazione di brand, ancorché più libera e creativa è una parte di questo tutto e come tale deve essere coerente con la strategia e il posizionamento corporate dall’azienda. Pensiamo all’esempio di P&G che da qualche tempo ha aggiunto il suo master brand alla comunicazione di prodotto, per sottolineare valori e identità istituzionali comuni per tutti i differenti marchi che pone sugli scaffali dei supermercati.
Venendo alla seconda parte della domanda, non vedo un rapporto diretto tra la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni e la fiducia dei consumatori nelle aziende. Quello che rilevo è che le aziende da alcuni anni attraverso tutta una serie di attività, che coinvolgono in primo luogo i dipendenti, spesso intervengono a coprire un’assenza di welfare, agendo come attori non più esclusivamente economici ma in quanto soggetti sociali. La corporate social responsibility ha inoltre contribuito a umanizzare e personalizzare l’impresa, rendendo diretta e profonda l’interazione tra l’azienda e propri stakeholder.
5. Tra i suoi incarichi c’è anche quello di professore di Strategie di Comunicazione e Tecniche di Pubblicità alla Luiss Guido Carli: da ex studentessa Luiss, non posso evitare di chiederle cosa vede di buono nell’attuale sistema universitario del nostro Paese e cosa andrebbe, invece, migliorato. Mi riferisco, in particolare, a un settore come quello della comunicazione, che con eccessiva frequenza si trova di fronte giovani laureati con lacune evidenti sul lato operativo, al contrario di quanto accade con i coetanei stranieri.
Non è un problema soltanto dei laureati in Scienze della Comunicazione. Uno studente di economia, così come uno studente di comunicazione, una volta uscito dall’università sarà sicuramente preparato e ricco di nozioni, ma alla prova del mondo lavorativo dovrà rimboccarsi le maniche e apprendere tante cose che l’università non gli insegna. Le nostre università sono piene di buonissimi professori, quello che ci manca è forse una maggiore contaminazione tra accademia e impresa. Io, nel mio piccolo, ho strutturato il mio corso in modo tale che alle lezioni frontali si affianchino una serie di testimonianza di manager aziendali, agenzie pubblicitarie e centri media che fanno toccare con mano cosa vuol dire applicare quei principi ad esperienze concrete e fattuali.
6. Cos’hanno in comune la comunicazione e il marketing? Spesso associati e confusi, i due concetti sono tra quelli meno compresi e più bistrattati di sempre.
Credo che siamo in presenza di un profondo cambiamento dei criteri a cui eravamo abituati. Oggi la maggior parte degli Amministratori Delegati hanno capito e interiorizzato l’importanza di queste due funzioni, tanto che le figure apicali della comunicazione siedono nei consigli di amministrazione e lavorano a strettissimo contatto con il top management.
Tornando alla prima domanda, devo dire che la differenza tra le due “funzioni” esiste, ma ormai dialogare con i consumatori e intercettare le istanze degli stakeholder sono due attività molto più vicine di un tempo. Stakeholder e consumatori percepiscono i messaggi di un’impresa come un’unica voce, e l’integrazione tra le strategie di go to market e il controllo della comunicazione verso i target deve andare di pari passo. Credo che in generale si vada sempre di più verso un rapporto di orizzontalità che coinvolge i direttori comunicazione, i direttori marketing, ma anche i responsabili digital, figure sempre più importanti e ricercata all’interno delle aziende.
7. Quale aspetto della sua vita da imprenditore di oggi riesce a non farle rimpiangere il manager di ieri e il giornalista che era ancor prima?
Se devo essere sincero mi sento ancora troppo giovane per guardarmi indietro, cerco di pensare sempre al futuro, alzando l’asticella un po’ più in là e facendo in modo che anche i miei partner facciano altrettanto tutti i giorni. Mi ritengo estremamente fortunato ad aver avuto esperienza così diverse come quelle di giornalista, manager e oggi imprenditore. Il fil rouge è sempre stata la comunicazione, che mi ha accompagnato in tutti questi anni. E sono fermamente convinto di concentrarmi sul mio core business, cioè la comunicazione in tutte le sue poliedriche rappresentazioni, senza distrazioni.
Dopo anni di lavoro nel giornalismo e ai vertici di importanti società quotate, la scelta imprenditoriale nasce dalla convinzione che sia il momento giusto per mettere in atto qualcosa di importante nel settore dell’alta consulenza, offrendo ai clienti il nostro bagaglio di esperienza accumulato negli anni.
L’intervista è proseguita con una lunga chiacchierata in cui il dottor Comin ci ha parlato ancora delle sue esperienze passate e della sua decisione di creare una squadra partendo da zero e costruire così una realtà innovativa. Della campagna “Guerrieri” di Enel, una scelta coraggiosa in un momento di forte crisi morale e materiale del Paese, restituendo fiducia alle persone. O il progetto di rilanciare il Nucleare in Italia, reso vano dal tragico incidente di Fukushima. Della libertà e della sperimentazione che oggi sono caratteristiche costanti dell’attività in Comin & Partners, dei diversi meccanismi di condivisione con cui oggi si confronta, sia verso i clienti che all’interno del team di lavoro.
Della necessità di conservare parte del proprio tempo per progetti affini ma distinti rispetto all’attività principale, in un’ottica di miglioramento e stimolo costante. Dell’insegnamento e del rapporto con gli studenti, in uno scambio di idee e conoscenze che continua anche al termine del percorso universitario. Della scrittura per il web e la carta stampata, del suo libro “2030 La tempesta perfetta”, dell’impegno associativo che supporta la condivisione e il networking tra professionisti, con alla base un impegno partecipato che consente la crescita continua di ognuno. Della comunicazione di crisi, uno dei settori di cui la Comin & Partners si occupa con maggior successo, dell’intelligenza e della preparazione che la gestione di questo aspetto richiede. Della sua visione della comunicazione di crisi come uno scontro tra capacità e carattere, condito da determinazione, esperienza e forza, e del libro che sta preparando sul tema. Ma anche della sua famiglia, della moglie e dei suoi tre figli. Del tempo che ha deciso di ritagliarsi la mattina per accompagnare la più piccola, Ginevra, a scuola o di quello nei fine settimana per aiutare i più grandi a studiare. E degli hobby e delle passioni.
Non ci resta che ringraziare il dottor Comin e la sua squadra per il tempo che hanno voluto dedicare a JustBaked, nell’attesa di leggerlo ancora.
Foto di copertina: AGR press.