“I love everything that is conscious and experimental” dice Gilles Peterson, consapevole e sperimentale proprio come la nona edizione del Worldwide Festival Sète. Non è un semplice festival di world music, è molto, molto di più. E’ una vera e propria famiglia composta dal collettivo di Montpellier, Freshly Cut, che nove anni fa chiamò all’altare il profeta dell’acid jazz, Gilles Peterson, per accogliere a se le migliori proposte musicali del panorama mondiale, incoraggiandole e offrendole al mondo prima che la grande industria discografica se ne accorgesse. “Quando abbiamo iniziato – spiega – non eravamo che poche centinaia. Ora siamo diverse migliaia, ma non vogliamo che questo diventi un festival da 15 mila biglietti venduti, vogliamo mantenere il contatto diretto con il pubblico. Amo quando la gente viene da me dicendomi che hanno incontrato l’amore della loro vita al Worldwide Festival, o che hanno una comitiva composta da australiani, inglesi, francesi con cui condividono quest’appuntamento da diversi anni”. Ed è proprio l’atmosfera del WF che tende all’armonia e quello che ti trapassa quest’affascinante “ragazzino” biondo di quasi 50 anni che da 35 seleziona, diffonde e produce buona parte della migliore musica che abbiate mai ascoltato, investendo ogni penny guadagnato in vinili.
Fu Questlove dei The Roots a suggerirgli di chiamare il suo show radiofonico, in onda sulla Bbc dal 1998, Worldwide, perché era un “dj che suonava musica da tutto il mondo in tutto il mondo”. Un orecchio sensibile alle nuove proposte come erano allora i The Roots, ai tempi del debutto nel roster della Talking Loud, l’etichetta fondata da GP nel 1990 che prendeva il nome da un pezzo di James Brown. “Musica autentica e collaborazione, perché le cose accadono quando si crea un’interazione e si collabora – dice GP – La disintegrazione della grande industria discografica è stato un evento significativo (such a great thing!) nella storia della musica. Ha avuto un effetto ‘punky’ sul mercato incentivando le produzioni DIY e generando quest’immensa scena musicale libera, non controllata dai soldi. Io faccio parte di questa fetta della torta totalmente dedita alla musica e integralmente gestita dalla passione”. Passione “udibile” sia dalla line up ricercatissima e variegata, che s’estende dal jazz all’elettronica, che dalle Funktion-One possentemente presenti ai lati di ogni stage.
Ed è quella stessa venerazione per la musica che chiama al Worldwide quel tipo di pubblico “open minded” e “no drama”, che sa affrontare sette giorni di festival (30 giu – 6 lug) senza cedere a tensioni da ubriachezza molesta ma entrando in sinergia con ciò che lo circonda. “Le location outdoor, il mare, la spiaggia, il cibo francesce, e la gente – spiega Simbad, producer e dj resident del festival – Non è ne troppo grande ne troppo piccolo (la location con più capienza, il Phare du Mole, arriva alle seimila persone), è semplicemente perfetto. C’è un’atmosfera amichevole, si fa amicizia rapidamente e la gente è di larghe vedute anche sotto l’aspetto musicale. Non è una questione commerciale, né promozionale, è veramente solo ed esclusivamente musica. Buona musica. Musica rara”. “Il pubblico è tra i migliori al mondo, è appassionato, aperto a più generi e capisce seriamente cosa stai facendo – commenta Lefto, producer, anche lui resident del WF dal 2008 – Apprezza l’ampiezza del raggio d’azione della musica proposta e sa che puoi comunque divertirti anche se stai ascoltando qualcosa che non conosci”. I tre, complessivamente, avranno qualche milionata di vinili in casa, e quando chiedo a Simbad chi tra lui e GP ha più dischi, risponde con un gesto di ovvietà: “Gilles! E la straordinarietà di questa figura sta nella sua totale dedizione alla musica. Spesso capita che passi in studio da me mentre sto suonando. Tiro fuori un disco rarissimo, lo metto sul piatto e subito Gilles: ‘oh, ma questo è il lato B di quel gruppo polacco…’. E’ incredibile!”.
La genialità sta nel saper miscelare più epoche e stili in un meltin pot che apre a nuovi e vecchi mondi, mixando le varie performance proprio come fossero tracce di una delle sue selezioni radiofonche: incastra Ebo Taylor, chitarrista ghaniano che vanta collaborazioni con Fela Kuti, dopo la nuova rivelazione soul londinese Andrew Ashong e prima del nuovo progetto live di Theo Parrish – che si presenta in versione Festival Bar ‘90 completo di ballerini in camicioni multicolor pronti a scatenarsi sui classici della Sound Signature Label – e decora spostando il dancefloor sul palco e incastonando il newyorkese Osunlade nella consolle montata a 2mt d’altezza al centro della gradinata dell’anfiteatro Theatre de la Mer, una delle quattro location del festival.
E questo dinamismo musicale pare invogli la sperimentazione, come rivela Andrew Ashong: “Il resto della programmazione è piuttosto elettronica, perciò abbiamo pensato fosse stato interessante muoversi oltre quello che facciamo di solito aggiungendo una componente elettronica, anche solo per vedere cosa sarebbe potuto accadere. Un esperimento che contempla un certo processo evolutivo. Tutto deve cambiare e crescere per essere vivo”. Il Wf è quindi anche uno spazio di interscambio dove artisti e fan si contaminano ed evolvono. “Ho voluto creare un appuntamento – dice GP – dove la gente che frequento, gli artisti che incontro e ammiro abbiano modo di confrontarsi in un contesto che li mette a loro agio, con un pubblico che sa apprezzare e quindi incoraggia la sperimentazione”.
“Questo festival è molto interessante, hai così tante diverse interpretazioni del suono – conferma Earl Zinger, pietra miliare dell’acid jazz, membro dei Galliano allora e mente dei William Adamson oggi, poliedrico versatile genio di tante altre memorabili rappresentazioni di sé che non staremo qui a esplicare – Si passa dalle live band ai dj, saltando da un tipo di musica a un altro senza perdere quota. Abbiamo sentito la techno spirituale del producer Morphosis e subito dopo gli Hex di Toshio Matsuura che sono molto più ‘dritti’ (quietly more straight!). E poi, il mio nuovo progetto William Adamson che è molto più mentale, ma che Gilles ha comunque voluto in line up, nonostante abbia suonato quei pezzi con una chitarra a quattro corde. E dopo questo passaggio introspettivo, Seth Troxler. Tutto evolve in spirali diverse, sempre sperimentando”.
Più di una cinquantina di progetti musicali, tra Floating Points, Four Tet, Zara McFarlane, Michael Kiwanuka, i due architetti della Boiler Room, Thristian bPm e Bradley Zero, quel folle di Connan Mockassin, Cid Rim, il mentore della dub Mala, i Swindle, Little Dragon, Taylor McFerrin, e tanti altri. Una varietà musicale così ampia da portare Chassol, compositore francese avvezzo alla musica concreta, sul palco del Phare Du Mole St. Christ con il suo nuovo progetto, Ultrascore, che tenta di armonizzare la realtà commentando immagini registrate in India con un Fender Rhodes e una batteria, e usando come liriche piccole parti dei dialoghi mandati in loop. Performance sensoriale che invoca davvero l’armonia, vistosamente presente, durante l’esecuzione, sui volti degli spettatori incantati dai colori accesi indiani e le melodie spiritual di Chassol. Chissà se non lo vedremo ai Worldwide Awards, appuntamento londinese che stabilisce le migliori produzioni musicali secondo diverse votazioni gestite da GP durante l’anno. Quando Gilles ha chiesto a Chassol, prima dell’arrivo sul palco della rapper brasiliana Karol Conka, di partecipare ai prossimi WA2015, l’eclettico armonizzatore di realtà ha risposto con “se non avrò già in programma di lavarmi i capelli, penso proprio di sì”. Gli artisti si sentono a loro agio al WF, e non sono i soli.
Federica Tazza
Ph. credit: Pierre Nocca