C’è una distanza materiale, percorribile, che tiene lontane abitudini, volti familiari. Ce n’è un’altra, più difficile da inquadrare, che è immateriale e impalpabile, che ci insegue ovunque, privandoci di un luogo dove stare, e che introduce a quella che Emil Cioran definisce una “scuola di vertigine”. E così, mentre cerchiamo questo luogo, reale o immaginario che sia, può capitare di scoprire ciò che è altro da noi.
Racconta di questa e altre illuminazioni “La distanza” (Bao Publishing), la storia disegnata da Alessandro Baronciani e sceneggiata a quattro mani insieme al cantautore Colapesce, siciliano di nascita. La graphic novel racconta di un avventuroso viaggio in Sicilia di tre ragazzi, da Pantalica (un piccolo capolavoro di natura e archeologia in provincia di Siracusa, da qualche anno Patrimonio dell’Unesco) passando, tra gli altri posti da sogno, per Noto, Mazzamemi, fino all’Ypsygrock festival di Castelbuono, e poi Punta Raisi, luogo dove si chiude il sipario degli eventi. Un intreccio tipicamente estivo, una vacanza e un viaggio in una terra splendida ricca di storia e panorami incantevoli, sebbene attraversata da contraddizioni insanabili.
La Sicilia che vive nelle pagine del libro possiede la luce lussuriosa e il tratto raffinato delle tavole di Baronciani, e non fa semplicemente da sfondo alla storia di Nicola, trentenne disilluso e dalla polemica facile e delle sue due amiche. E’ un vero personaggio, che attraverso ripetuti “silenzi narrativi”, restituisce al lettore il suo pathos naturale.
Leggendo la storia sembra di sentire in sottofondo, oltre al rumore del mare e al profumo delle cartocciate catanesi, una nenia di Rosa Balistreri: “Terra ca nun teni cu voli partiri e nenti cci duni pi falli turnari”. (Terra che non trattieni chi vuole partire e niente gli dai per farli tornare). Nel viaggio corale che scorre durante tutto il libro c’è tutta la voglia di “abitare” quella distanza che sembrava all’inizio incolmabile.
Una delle numerose ispirazioni che vivono nella storia rimanda al film “L’avventura” di Antonioni, da cui è tratta anche la citazione che apre il libro: “Devi avere voglia di abbracciare la mia ombra sui muri”.
Come racconta lo stesso Baronciani in questa intervista, il libro non sarebbe nato senza le tante chiacchierate tra gli autori e il nascere di una loro affinità elettiva, che parte soprattutto dalla musica.
Com’è avvenuto l’incontro con Colapesce e com’è nata l’idea di una storia a quattro mani?
L’idea di fare una storia a fumetti insieme è nata a Lorenzo. Ma era una idea. E di idee, soprattutto nel nostro campo, te ne vengono spesso. Molte volte le idee le perdi per strada. Se non le fissi da qualche parte, poi rischi di non ricordartene più. Lorenzo mi invitò a fare insieme un piccolo tour siciliano; lui suonava in acustico e io senza photoshop. Ero entusiasta, ho consumato il suo disco e amo la Sicilia. Quindi dopo questi tre giorni passati insieme ci è tornato in mente di fare qualcosa insieme, e un fumetto ambientato sull’isola ha cominciato a prendere forma. Poi, in inverno, ci siamo ritrovati a Milano a scrivere dei soggetti insieme. Mi piaceva l’idea di poter raccontare una storia dal punto di vista di un ragazzo che vive tra Catania e Siracusa nel 2015. A Lorenzo questa cosa piaceva. Poi è passato quasi un anno e in mezzo c’è stata una vacanza estiva di documentazione. Infine c’è stato il tempo del lavoro peggiore: quello di disegnare tutto!
Nel monologo finale una delle domande che Nicola, il protagonista della storia, si pone è “Cosa ci sta capitando? E’ come se la mia generazione non accettasse nessuna forma di attesa, nessun medio-lungo termine”. Perché secondo te la generazione di Nicola vive in un perenne “qui e ora”?
Uhm, domanda difficile. Potrei risponderti dicendo che ci stanno rubando il tempo perché lo spazio ce l’hanno già rubato. Sono cresciuto in una casa di 100 mq, tre camere, un bagno, una cucina e un salotto. Era una casa normale negli anni ottanta per crescere una famiglia. Oggi una coppia che va a vivere insieme al massimo può permettersi una casa di 50 mq con due camere e un bagno, senza finestra, e un cucina o come chiamano gli immobiliari un “salotto con angolo cottura”. Una volta potevi avere una libreria, dei dischi, uno stereo, adesso se vuoi leggere al massimo hai un kindle e la musica e i film li guardi dal cellulare o dal computer portatile. Per fare un libro ci vuole tempo. Devi avere la possibilità di capire quello che stai facendo, altrimenti lo fai male o meglio non ti piacerà quello che stai facendo. Perché stiamo andando in questa direzione? Non lo so, però se ci fermiamo a pensare, magari il tempo di una estate, forse riusciamo a scoprirlo.
Rispetto ad altri tuoi lavori in cui hai disegnato in monocromia, cosa ti ha spinto ad utilizzare il colore in questo fumetto?
Perché la Sicilia è colore. Non vorrei sembrarti un agente turistico, ma è vero. Non hai bisogno di filtrini di instagram per fare una bella foto. Basta puntare e scattare. Avevo già disegnato delle storie brevi a colori. Mi piacevano e piacevano anche ai tipi di BAO Publishing. Sono stati loro a proporre la quadricromia. Mi ha permesso di essere anche più veloce nel disegno. perché sapevo che il segno sarebbe stato soltanto la metà del libro. Poi ci sono tanti altri accorgimenti, dall’eliminazione dei margini, allo sfruttare il centro del libro. Fino al dare spazio e importanza alle cose che di solito nei fumetti non ci facciamo mai caso, come ad esempio le didascalie in alto: “più tardi”.
Volevo che il lettore si perdesse nei dettagli e nella storia, un po’ come quando sei in giro in una città per la prima volta e ti fermi a vedere dei dettagli, a osservare dei cortili misteriosi dentro un portone di una casa.
Una delle cose che colpisce di più del libro è la luce. Come hai studiato le atmosfere e i colori siciliani?
Quando il soggetto era pronto ho chiesto a BAO se c’era la possibilità di fare un piccolo viaggio di documentazione in Sicilia. Sono stato ospite di Lorenzo e insieme abbiamo fotografato e scritto la storia “on the road” visitando i posti che Nicola, il protagonista, ha visto insieme alle due ragazze. Ho fatto un po’ di acquerelli e scattato quasi due memory card da 4giga. Molte cose non sono servite, certe scene sono state cancellate del tutto. Il materiale più bello e importante è finito nel libro.
Nei tuoi libri la musica è sempre protagonista, vuoi ricordare qualche brano in particolare dalla “colonna sonora” de “La Distanza”?
Ancora ho un messaggio che ho spedito a Lorenzo che diceva così: ok, il primo gruppo sulla maglietta di Nicola è tuo, e lui rispose subito: Uzeda! Ed effettivamente se penso alla Sicilia, prima di Battiato e C.Consoli, mi vengono in mente loro. E i Quartered Shadow, la prima band di Cesare Basile, che mi spiegò cantando quanto era bello cantare in italiano. All’interno del negozio di dischi di Piero – il Rock 86 – c’è il maremagnum di tutti i dischi che mi piacciono e che piacciono a Lorenzo. E anche gruppi che c’erano direttamente nel negozio. Bark Psichosys, ad esempio è stato il primo disco che ho passato a Lorenzo e Mark koselek e Jimmy Lavalle il suo.
Abbiamo mischiato i nostri dischi preferiti e ne è venuta fuori una bella enciclopedia.
Un ultima domanda prima di salutarci, a che progetto stai lavorando in questo momento?
Sto cercando di far capire al vicino di casa che non può lasciarmi il cane nel suo cortile e andarsene.
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La Distanza
di Alessandro Baronciani e Colapesce
Bao Publishing
200 pp, 16 €