Qualche mese fa sono stata invitata a leggere il primo libro del giovane ed esordiente scrittore Luca Zaghini, classe 1993, intitolato “La maestra Margherita”. Si tratta di un testo piccolo ed agile che mi ha lasciata piacevolmente sorpresa. L’autore stesso mi ha presentato questo suo libro con parole anomale, senza perdersi in grandi elogi di quanto da lui scritto, ma semplicemente descrivendo il romanzo come “impanato nell’antico”. Ed effettivamente “La maestra Margherita” è davvero un libro ricco di riferimenti al mondo classico e dai frequenti richiami alla letteratura latina. In particolare, un verso del primo libro dell’Eneide di Virgilio, sunt lacrimae rerum, costituisce la chiave di volta per interpretare i sentimenti e la vicenda della protagonista.
Parole, quelle virgiliane citate, ancora oggi di difficile comprensione ed interpretazione da parte dei critici e dei classicisti e che sono comunemente utilizzate per rivelare la tristezza delle “cose” umane, ma che assumono, nel libro di Luca Zaghini, una connotazione ulteriore, diventando testimonianza di una comunanza, una vicinanza, un legame, «che può esser nulla, come può salvare dall’abisso».
La trama in breve
“La maestra Margherita” racconta in realtà una storia banale: la vita di una ragazza riminese, Agata, nell’estate del 2021. Agata sta per conseguire la Laurea Triennale in Lettere a Bologna, ha un fidanzato, ma pochi amici o hobby. La pandemia di Covid-19 e gli impegni universitari l’hanno privata di tante cose, ma forse questo è il momento di mettere un po’ in discussione alcuni elementi della sua vita e di riprenderla in mano con più consapevolezza.
A smuovere questa coscienza nella giovane protagonista sono in particolare due figure. La prima è la nonna Margherita, chiaramente la “maestra” del titolo, figura amorevole, ma anche autorevole, e presenza costante nel ricordo e nella memoria di Agata. Il secondo personaggio che segna una svolta per lei è un’amica d’infanzia, con cui per lungo tempo Agata ha trascurato i rapporti semplicemente perché la vita le aveva portate su strade differenti, ma che, una volta rincontrata, le permetterà di guardare certe dinamiche da un’altra prospettiva.
Perché “La maestra Margherita” è un romanzo per tutti i giovani
Se, come credo, la capacità di far immedesimare il lettore è ciò che può permettere ad un romanzo di spiccare e di piacere al pubblico, la storia di Agata è una storia che, inevitabilmente, fa sentire coinvolto il lettore, e specialmente il giovane lettore, perché è il racconto della gioventù di tanti.
“La maestra Margherita” riporta le classiche vicende degli amori nati a scuola, quegli amori che sanno di eterno, che sembrano dover durare una vita intera, ma che invece sono destinati ad esaurirsi quando meno lo si crede possibile, lasciando un vuoto che inizialmente appare incolmabile e una solitudine che si pensa non si supererà mai. La vita spesso conduce in direzioni diverse, fa crescere e maturare in momenti differenti e così gli amori nati sui banchi di scuola finiscono per star stretti, sembrano non rispecchiare, né rispettare più la persona che si è diventati. Eppure l’allontanamento dal primo grande amore è vissuto con estrema sofferenza, anche nel momento in cui sono spariti i presupposti per coltivarlo e portarlo avanti.
Se infatti è vero che col tempo si cresce, e si muta, è anche vero che questo non sia un assioma, e che parecchi restan sempre uguali a se stessi, fino alla fossa: e se, in una coppia, il tempo s’accumula come una montagna su due persone che vanno ad un passo diverso, in direzioni diverse – se poi non è soltanto una quella che si muove –, ed esso resta l’unica cosa che davvero si condivide […] si finisce per amar nell’altro e nel non voler perder di lui solo il tempo che s’è passato insieme.
Ma questo romanzo è anche la storia di chi, per dedicarsi al massimo ad un progetto impegnativo, come può essere quello di un percorso di studi universitari, tralascia tanti altri aspetti fondamentali della vita, come amicizie o passioni, rimanendo poi privo di punti di riferimento, solo e senza appigli. Gli sforzi fatti per raggiungere un obiettivo, i successi ottenuti e gli insuccessi incassati hanno avuto senso, se non si ha nessuno intorno con cui li si vuole davvero condividere?
Infine, è la storia dei nostri ultimi anni vissuti in pandemia: giovani studenti si ritrovano isolati e davanti ad uno schermo invece che nelle aule, studiano chiusi in camera piuttosto che in biblioteche, non hanno possibilità di aggregarsi e perdono così il contatto con il mondo, contatto che ora è una prioritaria esigenza riacquisire.
Concludo con un plauso all’autore per il brio che ha saputo dare alle sue pagine. Con una scrittura frizzante e non banale, sempre curata in ogni suo minimo dettaglio, dal lessico utilizzato alla struttura sintattica, ha dato vita a periodi elaborati, ma dal contenuto di una semplicità e schiettezza disarmanti.
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