Da sempre Elisabetta Rasy ci racconta le donne. Lo fa ricercando ogni aspetto di loro, senza tralasciare alcuna sfaccettatura. Così è stato per le cinque fotografe di cui scrive in Le indiscrete, libro che racchiude le storie “di cinque donne che hanno cambiato l’immagine del mondo”, come recita il sottotitolo del libro.
La prima domanda che sorge approcciandosi a un libro del genere è: la scrittrice vuole parlarci della fotografia o della vita di queste donne? Sappiamo infatti che in generale “artista” e “persona” non sono la stessa cosa. Se il primo è ciò che tutti noi vediamo e conosciamo di un individuo – le sue opere, la sua arte, la sua concezione del mondo – l’altra è quell’aspetto sconosciuto e privato che appartiene alla sfera privilegiata di chi con l’artista ha avuto un legame umano.
Cinque donne indiscrete
Quando si ha a che fare con la fotografia si ha a che fare anche con la realtà, poiché quello tra realtà e fotografia è un rapporto imprescindibile e indiscutibile. Per questo i racconti che propone Elisabetta Rasy sono la chiave fondamentale attraverso cui guardare alla visione fotografica che queste cinque donne ci hanno lasciato in eredità.
Cinque donne da cui nessun amante della fotografia può prescindere: la rivoluzionaria Tina Modotti, la caparbia Dorothea Lange, la poliedrica Lee Miller, l’inarrestabile Diane Arbus e l’enigmatica Francesca Woodman.
Rasy stessa è tra quelli che sono caduti vittima del fascino della fotografia. Nella prefazione al libro la scrittrice ne parla come sotto incantesimo:
Ero affascinata da quella scatola, con il suo mobile cuore interno, la pellicola avvolgibile difficile da maneggiare come un oggetto magico, e con il suo elegante fodero di cuoio brillante.
La fotografia è quel luogo di mezzo in cui interiorità ed esteriorità si incontrano e danno vita a qualcosa che è allo stesso tempo antico e nuovo. Se infatti il mondo catturato dalla macchina fotografica è sempre lo stesso, ogni fotografo ha il suo occhio. Mai la fotografia ha avuto pretesa di oggettività, ma è sempre stata uno strumento per la ricerca della verità. Scegliendo di raccontare queste cinque fotografe, Elisabetta Rasy ha voluto restituirci la loro visione del mondo. Il focus sul loro essere donne è fondamentale: ci ricorda, a tratti ci insegna, cosa significhi avere un punto di vista femminile e quanto sia importante mostrarlo con orgoglio, senza paura di essere “indiscrete” ma anzi con la piena consapevolezza del proprio diritto ad esprimersi.
Storie necessarie
Come scrive Elisabetta Rasy, le fotografe di cui racconta la vita privata e artistica hanno un elemento in comune: «la corrente di una contraddizione che necessariamente ne attraversa l’esistenza». Una contraddizione che si rispecchia spesso nelle loro opere fotografiche: pensiamo alla borghese Diane Arbus che dedica la vita ad immortalare i freaks, alla bellissima Lee Miller che trascura l’apparenza delle cose per cercarne i significati più surreali e nascosti, alla giovanissima Francesca Woodman che indaga la sua anima attraverso il proprio corpo.
Le loro sono storie necessarie. A renderle così importanti in particolare è il fatto che queste storie inizino dalla loro giovinezza. Sono ragazze del passato che attraverso le loro fotografie parlano alle ragazze del presente, incoraggiandole a tracciare a testa alta il proprio cammino. Anche quando bisogna addentrarsi nei luoghi più bui dell’anima, come ha fatto Dorothea Lange nella sua ricerca dell’umanità, o perfino quando c’è in gioco la vita, come è stato per Tina Modotti e il suo eterno amore per il Messico.
Le fotografie di queste donne evocano un’antichità sempre attuale, quella in cui il femminile irrompe nel mondo e in qualche modo lo segna. Non è compito di nessuno cambiare il mondo – nessuna di loro ne ha mai avuta la pretesa, ma è diritto di ognuno vivere pienamente nel mondo. O almeno, questa è la solida certezza che si prova quando si conclude a malincuore la lettura di Le indiscrete di Elisabetta Rasy.
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