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Marco Patrignani: l’uomo delle emozioni

Intervista a Marco Patrignani

Marco Patrignani è un figlio d’arte.

Suo padre Franco, uno dei migliori Sound Engineer degli anni 70, era la persona che tutti i grandi compositori volevano alla consolle, per essere sicuri di avere una registrazione d’eccellenza.

Così i grandi musicisti di quel momento, Ennio Morricone, Armando Trovajoli, Luis Bakalov e Piero Piccioni, decisero di unire forze e creare un loro studio, nel quale misero a governare le eccellenti strumentazioni Franco Patrignani.

Chiamarono questo studio Ortophonic, che nella tecnica della registrazione significa un’alta fedeltà di riproduzione. Poi il nome fu cambiato in Forum Studios, ma la qualità rimase.

La storia di Marco Patrignani

Marco Patrignani, all’epoca, era un ragazzino di dodici anni che gironzolava in quelle enormi sale ricavate dagli spazi sottostanti alla Basilica di Piazza Euclide in mezzo a delle apparecchiature gigantesche, sostituite in continuazione per riuscire a garantire il massimo aggiornamento alla registrazione delle colonne sonore che quegli autori fantastici producevano giorno dopo giorno, per colorare con suoni emozionanti i film dell’epoca.

Ho conosciuto questo figlio d’arte molti anni fa, quando s’iscrisse al Centrostudi Comunicazione Cogno Associati, l’accademia che creai con Margherita Bruno. Il Centrostudi, com’è sempre stata affettuosamente chiamata la scuola che ha formato per trent’anni i nuovi professionisti della comunicazione, aveva Marco Patrignani tra i suoi allievi.

Tutta l’arte che il padre Franco metteva nel rendere ancora più emozionanti i suoni creati da quei grandi compositori, Marco l’ha riversata nel rendere altrettanto emozionante la sua vita e quella di quanti gli ruotano attorno.

Oggi è presidente dell’Orchestra Italiana del Cinema, il primo progetto sinfonico italiano dedicato esclusivamente all’interpretazione di colonne sonore, creato con l’obiettivo di promuovere in Italia e nel resto del mondo lo straordinario patrimonio artistico e culturale della musica per il cinema. Sta girando il mondo, Stati Uniti e Cina compresi.

Marco Patrignani è l’emozione fatta persona.

Non ho mai incontrato una persona che viva di emozioni quanto lui.

T’investe come uno Tsunami a ogni incontro. Ti avvolge nelle sue spire come un boa, complice tutta la magia e la storia che trasuda da quel luogo nel quale sono stati resi immortali i suoni più belli del cinema e di tante altre musiche, dove sono nati grandi progetti che, se non fossero già stati realizzati, sembrerebbero solo esagerate fantasie.

Incontro Marco per un’intervista. Lui è dietro ad una scrivania che, più che un tavolo, è un transatlantico: enorme, con una bitta d’ottone infissa nel legno e varie cime navali sparse nella stanza. Sul tavolo che l’affianca risalta l’imponente modellino di un cutter. Tutte cose che profumano di mare.

Mi aveva confessato, un attimo prima di sedersi, che non possiede una barca e quindi ama illudersi di lavorare nel cassero di una nave, non in un ufficio.

In questo ci assomigliamo: io ho avuto per anni uno studio che sembrava un vascello e mi ero sentito a mio agio quando, visitando a Trieste il Castello di Miramare, scoprii che il principe imperiale Arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo, aveva progettato in quel maniero una stanza a forma di cassero navale, il suo amato rifugio. Piccole megalomanie, a quanto pare, ricorrenti.

Attivo il registratore e parto con le domande.

L’intervista a Marco Patrignani

– Marco, la cosa che ti ha dato maggior soddisfazione nella vita?

E qui ti aspetti che lui parta con i ricordi di quando Morricone, a quel tavolo gigantesco, incontrava il giovane Piovani…. No. Lui se ne esce con un sospiro di sollievo e una frase disarmante:

– Essermi tolto le scarpe due minuti fa.

Poi però, con un piccolo sforzo si fa più serio e aggiunge:

– Aver fatto due figli e aver realizzato una serie di fantasie di quand’ero ragazzo… Mi sono talmente immedesimato nel sogno di diventare un produttore di successo che alla fine ci sono riuscito. Non mi definisco un imprenditore, perché diversamente avrei guadagnato molti soldi, invece li ho solo visti passare e ne ho distribuiti molti. Mi definisco un operatore della cultura, un realizzatore di sogni.

– Il più grande di questi sogni?

– I figli.

– La cosa che ti ha deluso di più?

– Il tradimento da parte di quelle persone alle quali hai dato un pezzo della tua vita per poi scoprire che l’hanno gettato nel cestino.

– Una cosa che non hai fatto e te lo rimproveri?

– L’astronauta, o il pilota. Si, se potessi rinascere vorrei fare l’astronauta.

– Una cosa che invece hai fatto e non avresti proprio dovuto farla….

Silenzio. Per alcuni minuti rimane totalmente silenzioso.

– Marco, il silenzio non mi aiuta.

– Non mi viene…Non so cosa ho fatto di sbagliato….

– Ma davvero non hai mai fatto una cosa sbagliata…

– Vuoi dire una…

– Appunto.

– Beh, allora ne ho fatte troppe. Lasciamo stare.

– Un consiglio che daresti a un giovane che inizia a lavorare nel mondo dello spettacolo?

– Perseverare, tre volte perseverare, poi essere sempre molto curioso, ma anche essere sufficientemente umile da capire quando è il caso, se è il caso, di deporre le armi.

– Qual è la tua musica preferita?

– Non amo nessun genere in modo particolare. Chiedo solo che sia una musica che mi emozioni.

– Il libro che ami di più?

– Il Manuale del Guerriero della Luce, di Coelho.

– Il colore che detesti?

– Il marrone.

– Quello che ami di più?

– Il colore del mare.

– La tua giornata-tipo?

– Svegliarsi quando è finito il sonno, ovviamente in relazione a quando sei andato a dormire. Poi la mia giornata ideale è quando trovo il tempo di fare una camminata veloce di almeno sei chilometri, almeno tre volte alla settimana… e fare meditazione. L’ho scoperto di recente.

– Se potessi rivivere la tua vita da capo, cosa cambieresti del tuo modo di essere e cosa terresti?

– Terrei la possibilità di tessere la tela della giornata in modo da veder crescere ordinatamente la trama e l’ordito. Anche la possibilità di mangiare bene, perché significa vivere sani. Cambierei invece il fatto che le giornate partono ben pianificate e poi diventano troppo spesso caotiche e mi obbligano a improvvisare. Quasi sempre. E cambierei anche il mio sistema di controllo: meno ira e più serenità.

– Per finire, ricicliamo Marzullo: fatti una domanda e datti una risposta….

In quel momento, proprio mentre stava aprendo la bocca per parlare, squilla il telefono.

Mi guarda come per dire “Che ti avevo detto? Tu pianifichi e qualcuno scombina i tuoi piani”.

Lo lascio al suo caotico lavoro, che è più importante delle mie domande.

Marco Patrignani, per altro, in pochi minuti si era già tutto svelato.

Lui è così.

Per rimanere in tema di musica: “Tu chiamalo se vuoi, Emozione”.

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