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Marco Scaccia: lo specchio è in realtà un mezzo verso la liberazione

Su questo pianeta tutto risponde alle leggi dell’attrazione. Io combino gli elementi in un processo d’ascesa, affinché la luna si fissi nel negativo, sulla lastra di vetro, e risplenda nel suo opposto, sotto forma di specchio metafisico.

Marco Scaccia

Сosa ti ha spinto ad iniziare a lavorare con gli specchi?
Lo specchio è in realtà un mezzo verso la liberazione.

Ho dedicato grande parte della mia ricerca ai materiali nobili per l’architettura: in primis i legni, poi i marmi. Ma con il tempo sono cambiato e tutto è divenuto estremamente pesante.

Ho passato un periodo in Cina (tra Pechino e Lo Yunnan) dove sono stato coinvolto in un rito iniziatico, volto alla produzione di specchi da preghiera o da meditazione.

In questo percorso, ero incaricato di portare l’acqua da una fonte ritenuta sacra, sino alla vasca dove il mio maestro preparava gli elementi per creare gli specchi. Lì mi sono fermato per circa un anno, tempo che mi è servito per entrare in una sorta di processo difficile da spiegare.

Mi sono reso conto della potenza con cui sono entrato in contatto, solo dopo diversi mesi che ero ormai rientrato in Italia.

Percezioni e visioni si sono acutizzate, verso una mia propensione naturale. Dunque è iniziata la sperimentazione in una ricerca alchemica.

Ricerca estremamente complessa che si dipana in una continua prova, tra differenti componenti, tempi, ossidi, terre, liquidi, acqua, tutto secondo quantità e temperature differenti.

Un dedalo di possibilità al divenire di una semplice lastra di vetro, in meraviglioso specchio o in una semplice macchia.

Lo specchio assume su di sé una visione a tergo dunque una nuova idea che nasce da un immaginario.

Cosa succederà nel di fronte, nel dillà? Da dietro intervieni, provi attendi, ti concentri, divieni materia.

Ed il giorno dopo girando la lastra di vetro potrai vedere te stesso riflesso in te.

Questa ricerca è solo all’inizio e già è andata talmente a fondo che tutto quello che ero prima, ormai si è come dissolto nelle mie preparazioni alchemiche.

Come funziona il processo creativo della nascita di un’opera unica, essendo direttamente correlato alla luna piena?
La natura riflette se stessa imprimendosi nelle sue creazioni.

Parlerò della stessa forza che influenza le maree, dell’occulto potere in grado di evocare umori ed energie, riconducibili a chi illumina le nostre notti.

La Luna. Userò io/mio solo al fine descrittivo. In questa ricerca sono parte integrante della natura, tramite un processo alchemico. Un debutto consapevole del mio posto tra gli elementi.

Creo Lune. Si riflette nelle notti di luna piena, negli specchi d’acqua, nel mare. Nelle notti precedenti la completa apparizione inizia il rituale dei preparativi.

Gli elementi si combinano in un alchimia unica, mai ripetibile.

La luna che riflette se stessa e resta imprigionata nello specchio.

Una lastra di vetro, acqua, sali minerali: tutto accade sotto la sua travolgente influenza.

La natura riflette se stessa imprimendosi nelle sue creazioni. Parlerò della stessa forza che influenza le maree, dell’occulto potere in grado di evocare umori ed energie, riconducibili a chi illumina le nostre notti.

Su questo pianeta tutto risponde alle leggi dell’attrazione. Io combino gli elementi in un processo d’ascesa, affinché la luna si fissi nel negativo, sulla lastra di vetro, e risplenda nel suo opposto, sotto forma di specchio metafisico.

Evocando il magma primordiale, mi metto all’opera per la composizione alchemica. Il risultato ci dà la possibilità di entrare in una meditazione trascendente.

L’occhio che abbandona la sua necessità di codificare, e si perde in un riflesso di cui non ha memoria, ma di cui è figlio.

Questo è parte della mia ricerca, che in realtà è molto altro.

Qual è il valore artistico della tecnica “specchi dipinti”?
Lo specchio retro dipinto “back painting” è sempre frutto del percorso iniziatico in Cina.

Nella capanna dove ero assunto si producevano piccoli specchi da preghiera, secondo un rito antichissimo, legato alla tradizione del confucianesimo.

Alcune donne dipingevano al contrario, su semplici vetri trasparenti, soggetti animali, immagini simboliche frutto della tradizione locale, ma anche un rimasuglio della grande cultura religiosa creata da Confucio. Poi il maestro procedeva a rendere questi vetri degli specchi.

La mia ricerca, anche in questo caso, ha preso spunto da quella tradizione, l’ho poi trasposta ad una visione più occidentale, fermo restando l’influenza orientale che comunque segna ogni mia opera.

Questa creazione la trovo molto stimolante in quanto il dipinto, essendo dietro il vetro, compenetrato con l’argento dello specchio, partecipa in un certo senso al quotidiano di chi vive l’opera.

Un riflesso che penetra l’osservatore osservato nella scena in cui si riflette.

In ambito architettonico questa proposta è, credo, qualcosa di unico. Non solo per la qualità delle luci, così chiamo i miei specchi, ma anche per l’originale visione di fiori, piante ed animali che leggeri volteggiano sugli specchi, protetti dal vetro.

Qual è il significato dell’intestazione del tuo sito (Great Beauty)? Esiste una connessione con il film di Paolo Sorrentino o si riferisce alla cultura italiana in generale?
Great Beauty, sì, nasce dall’aver visto quello che prima solo guardavo. E davo per scontato.

Sorrentino ha svelato a me personalmente (ma credo un po’ a tutti) questa potenza visionaria di una stratificazione di bello e brutto dove tutto è in divenire.

Ho trovato ideale tale sinonimo per meglio comunicare questa mia espressione d’arte.

Anche se ad oggi non mi riconosco neanche più in questa grande bellezza, in realtà non mi so definire.

Arte o design?
Arte, non saprei, in un certo senso è l’arte di non essere, l’arte di essere invisibile, esserci ma non esserci.

L’idea è quella di creare un riflesso più bello, della realtà. È metafisica, e molto altro.

Essere artefice di un riflesso, è molto potente creare un doppio. Crei un doppio all’infinito, quindi un segno al cambiamento, un interiorità che trapassa la lastra di vetro.

Sono un provocatore, sì. Sono annoiato dalla società e dalla qualità di quest’interfaccia, che nel quotidiano non divenire poltrisce e si dilunga in una routine di non sensi. Di pratiche sempre uguali di cibo che depositiamo nei nostri stomaci, quando in realtà dovremo assorbire solo con i nostri occhi e capire cosa c’è oltre.

Non è codificabile come design, ma ovviamente si presta al design. Come concetto d’arte lo sento più vicino, è un modo per parlare parole che non siano necessariamente figlie della  mia esperienza. Ma sono quello che tu (che sei lì riflesso) sei.

Quindi un linguaggio molto più profondo e segnante, non sognante. Un segno, una ferita, che è lì a ricordarti di svegliarti!

Questo riflesso è già passato e tu sei ancora qui, credi, di essere quello di prima, ma non c’è più quello di prima.

C’è solo la sua immagine.

Sono un provocatore, sì. Sono annoiato della società e della qualità di quest’interfaccia, che nel quotidiano non divenire poltrisce e si dilunga in una routine di non sensi, di pratiche sempre uguali di cibo che depositiamo nei nostri stomaci, quando in realtà dovremo assorbire solo con i nostri occhi e capire cosa c’è oltre.

Amo questa società decadente, non voglio lasciare alcun segno tangibile, voglio stimolare il divenire, partecipare a modo mio alla consapevolizzazione anche fosse solo la mia.

Volutamente in silenzio, ed appartato affinché lo scoprire sia una scelta, questo è il mio archetipo.

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