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MUSICA.
Le linee blu dei
Massive Attack

Il termine trip-hop è stato inventato quasi per caso agli inizi degli anni ‘90 dalla rivista Mixmag, “la bibbia” della club culture britannica, per descrivere un sotto-genere musicale caratterizzato dalla battuta lenta (quella tipica dell’hip-hop), i bassi profondi, le melodie soul e l’utilizzo preponderante dei campionamenti.
Pionieri ed interpreti tra più noti di un genere che ha segnato un momento di passaggio nella storia della musica pop ed elettronica sono i Massive Attack.

La band guidata da Robert Del Naja, in arte 3D, si è esibita la sera di martedì 26 luglio nella Cavea dell’Auditorium di Roma per celebrare i 25 anni di Blue Lines, loro album d’esordio, e presentare alcune tra le tracce presenti nell’ ultimo lavoro dal titolo Ritual Spirit. L’EP, uscito a gennaio scorso, oltre al ritorno di Tricky si avvale delle collaborazioni di Roots Manuva, del promettente vocalist britannico Azekel e del collettivo hip-hop scozzese degli Young Fathers. Di questi, soltanto Azekel accompagna la band nelle date italiane del tour mentre il combo alternative-rap scozzese, che ha contribuito ad una ritrovata ispirazione del collettivo di Bristol, è assente dal tour italiano di luglio. Stessa sorte per Martina Topley-Bird, anche lei protagonista dei concerti invernali che avevano toccato Milano e Padova.
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Le premesse della serata non sono delle migliori, considerando la delusione del concerto di Firenze, al termine del quale la band ha ricevuto un saluto freddo con qualche fischio, sia per la durata particolarmente breve sia per alcuni momenti di interruzione dovuti ad un calo di voce di Del Naja.
La performance di Roma è il luogo giusto per il riscatto e viene anticipata solo di qualche ora dall’uscita di tre nuove canzoni via Fantom, l’app progettata da un team di sviluppatori guidato proprio da 3D che consente di remixare in tempo reale i brani attraverso posizione, movimento e battito cardiaco. Le tre nuove tracce si intitolano Come Near Me, The Spoils e Dear Friend.

Il palco della Cavea si presenta da subito imponente: due batterie, protagoniste di un ottimo interplay, basso, chitarra, tastiere, elettronica. In primo piano lo spazio per i protagonisti della serata: 3D, Daddy G, e i vocalist Horace Andy, il già citato Azekel e Deborah Miller, che si alterneranno durante il concerto.
Di grande impatto è anche la scenografia multimediale che fa da struttura portante ad ogni show dei Massive Attack da ormai una decina d’anni: il muro di LED creato dall’artista Icarus Wilson-Wright e dal collettivo UVA (United Visual Artist) basato su un algoritmo che attinge nel flusso globale di informazioni sparando sullo schermo dati, numeri e notizie tradotte nelle diverse lingue, rendendo immediato il rimando alle contraddizioni della società globale e portando in primo piano il rapporto tra cultura, media e attualità. Un’architettura tecnologica dal grande impatto scenico, quella che Wilson-Wright ha perfezionato nel corso degli anni, ideale per la collisione sonica che scaturisce dall’interazione con il sound granitico dei Massive.

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La setlist del concerto si snoda lungo tredici tracce che designano un percorso non casuale, anche se privo di alcuni brani fondamentali nel percorso artistico della band. Spiazzante è l’inizio scandito dai beat avvolgenti di United Snakes, una b-side dal dichiarato contenuto politico; intensi sono i tre brani estratti dal seminale Mezzanine (Angel cantata da Horace Andy, Risingson e l’ipnotica Inertia Creeps); per introdurre Eurochild, unico pezzo in scaletta estratto dall’album Protection, 3D lancia un messaggio contro la “stupidità” della Brexit. Dal punto di vista musicale funzionano bene le contaminazioni orientaleggianti di Girl I Love You e la propulsione elettronica di Future Proof anche se sono i brani con una forte presenza vocale a ribaltare le aspettative e a rendere la performance romana tutt’altro che distaccata. Particolarmente riusciti ed apprezzati dal pubblico risultano, infatti, gli arrangiamenti delle altre due tracce estratte da Blue Lines, loro album d’esordio.
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Il disco, pubblicato nel 1991, risulta talmente attuale nei suoni e nell’ispirazione da rappresentare un punto di riferimento imprescindibile per le direzioni che il progetto Massive Attack potrà intraprendere in futuro. Non a caso il critico musicale Simon Reynolds, ha scritto che Blue Lines “marked a chance in electronic/dance music, a shift toward a more interior, meditational sound”. Tra i diversi motivi che hanno contribuito a rendere questo album una pietra angolare non solo nella discografia dei Massive Attack è la sua dichiarata attitudine “nera”; quella propensione alla fisicità e all’armonia dei suoni afro-americani che il pubblico della Cavea ha ritrovato ed apprezzato nei momenti più intensi del concerto, specie in Hymn of The Big Wheel, scandita dalla voce profonda di Horace Andy, nella seducente Safe From Harm impreziosita dal potente cantato soul di Deborah Miller e tra le onde sonore delle poetiche vibrazioni di Unfinished Sympathy.

Con il loro brano forse più famoso e struggente i Massive Attack concludono un set monumentale e coraggioso, capace di coniugare musica e impegno e di criticare il ruolo dei media attraverso le loro intrinseche contraddizioni, sgretolando le nostre certezze e ponendo nuovi, inquietanti, interrogativi.

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