Una delle domande più frequenti che gli vengono poste riguarda le fonti della sua ispirazione. La risposta, breve e lapidaria com’è nel tipico aplomb britannico è più o meno questa: “The list of inspirations is endless and changes all the time.” A parlare è Norman Foster, uno dei più grandi architetti contemporanei (rifuggiamo, per una volta, dalla logora etichetta dell’archistar).
Foster ha partecipato lo scorso mese, a Bologna, al Cersaie con una lectio magistralis che ha attraversato in poco meno di due ore la sua carriera lunga cinquant’anni.
In quell’occasione è stato lo storico dell’architettura Francesco Dal Co a introdurre la sua visione. Classe 1935, nato a Manchester da una famiglia di operai. Dopo il servizio militare nella Royal Air Force (una passione per il volo che non lo abbandonerà più), prese il diploma alla Scuola di Architettura e Pianificazione Urbana nel 1961. Da lì una serie di viaggi negli Stati Uniti, sua prima vera fonte di ispirazione in termini architettonici.
Tornato in Inghilterra, sono due le grandi tappe della sua vita professionale: la fondazione di Foster Associates nel 1967 (ora Foster + Partners) e la collaborazione (tra il ’71 e l’83) con Richard Buckminster Fuller, uno dei più grandi innovatori del XX secolo e creatore della filosofia progettuale del “more with less”.
Non è sicuramente casuale il riferimento di Norman Foster all’inizio della sua lectio ai principi vitruviani di solidità, utilità e bellezza (cui Aldo Rossi aggiungerà molto più tardi quello della “fortuna”), un pilastro teorico dal quale l’architetto non si discosta mai nel corso della sua carriera e nello sviluppo dei progetti.
Sin dagli anni sessanta pensa che “l’uomo è al centro dell’architettura” ed edificio e contesto urbano non possono che essere intimamente connessi. Questo lo porta a riflettere a lungo sul concetto di “ossa dell’edificio”, mutuato dal designer americano Charles Eames, e a interrogarsi su come sia possibile alleggerire le strutture dagli strati esterni per farli “respirare”… Metterli nella condizione di dialogare con lo spazio esterno, con il passaggio della luce, con la condivisione di spazi pubblici (come la hall della Banca di Hong Kong, 1979-1986), e con la circolazione di aria dall’esterno all’interno dell’edificio (come nel caso del grattacielo 30st Mary Axe di Londra, 1997-2004).
L’esperienza del volo e dell’attraversamento (approfondita nel lavoro con Buckminster Fuller) torna protagonista nella progettazione del viadotto francese di Millau (1993-2004). La sua costruzione ha stabilito diversi record, tra cui quello dell’altezza (341 m, supera di poco l’edificio più alto sino ad allora in Francia, la Torre Eiffel), ma è soprattutto uno degli esempi di come l’architettura di Norman Foster abbia quale ispirazione principale il minimo impatto ambientale possibile nel contesto naturale in cui vive. Una delle componenti che gli fa valere nel 1999 il prestigioso Premio Pritzker.
Un altro esempio di come la natura e il contesto entrino nei progetti di Norman Foster è sicuramente l’aeroporto di Pechino (2003-2008). Il tetto e le coperture si “aprono” per far entrare la luce e lo scandire delle stagioni all’interno dello spazio funzionale. Tubature, condutture elettriche e altre componenti pesanti dell’infrastruttura si spostano sotto il pavimento, alleggerendo l’esperienza dell’aeroporto e rendendola meno alienante. Si può facilmente sperimentare cosa intendiamo visitando la cupola del Reichstag a Berlino (1992-1999), un’altra dimostrazione di come le creazioni di Foster lascino “respirare” gli edifici costruiti. In questo caso i cittadini hanno la possibilità di vivere in prima persona uno spazio che custodisce tutta la sua memoria precedente e la trasmette a chi lo visita.
Nel frattempo è arrivato da qualche giorno l’annuncio ufficiale del Campidoglio, sarà proprio l’architetto britannico a occuparsi del progetto di riqualificazione di Palazzo Marignoli a Roma, tra via del Corso e Piazza San Silvestro, dove sorgerà un nuovo Apple Store. “Oltre 2.000 metri di superficie, di cui circa 800 destinati ad attività commerciali, con alti tassi di innovazione e tecnologia che andranno ad inserirsi nel contesto architettonico e urbanistico grazie ad un attento lavoro di conservazione e ristrutturazione.”
Cover: Aeroporto internazionale di Mexico City © Foster+Partners