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Pane, Amore e… Mr.Fantasy – Intervista a Carlo Massarini

carlo massarini

Nazionalpopolare o minculpop che fosse la vocazione semipubblica della Rai degli anni ’80 si svegliò con l’arrivo di un uomo vestito di bianco. Non sappiamo se fosse più o meno caduto sulla terra. La sua longilinea eleganza e il suo colore immacolato come il “duca bianco” di bowiana memoria lo avevano trascinato di stazione in stazione nella capitale dalla ligure provincialità di La Spezia. Carlo Massarini e la sua rivoluzione sonora cambiarono improvvisamente la percezione della televisione stessa appagando il desiderio culturale di quanti erano costretti ad assorbire proposte musicali al limite della decenza specie se confrontate con le migliori produzioni rock e pop internazionali che rimanevano allora confinate in riviste di settore o trasmissioni radiofoniche da riconcorrere attraverso palinsesti ad ostacoli. Il suo arrivo televisivo e la sua presentazione rappresentavano una nuova professionalità che oltre ad ossigenare l’aria consumata degli studi televisivi finalmente sentiva per la prima volta, presentati con una corretta pronuncia inglese i nomi degli artisti e delle band internazionali. Ma sopratutto che un conduttore conoscesse ciò che andava presentando con competenza e passione rese un servizio alle orecchie più ben intenzionate del Paese fino ad allora relegato all’utopia. Che John Barleycorn fosse più o meno morto poco importava all’Italia del periodo tutta proiettata verso l’imperante monopolio del qua qua e dei suoi passi di danza. Massarini si trasformò ben presto in una icona candida del cambiamento e a distanza di anni non possiamo non riconoscergli quel ruolo di precursore, che specie con la sua trasmissione più conosciuta, Mr. Fantasy – Il nome deriva da una sua gloriosa passione per i Traffic di Steve Winwood – si concesse il lusso di anticipare gli istinti videomusicali di un MTV di là da venire. Se un gigante come Frank Zappa d’altronde nel 1981 ci aveva inebriato con le conseguenze videofilosofiche del suo “You Are What You Is” era questione di miopia ed orecchie ben foderate se non si voleva riconoscere e valutare correttamente tutte le possibili applicazioni del digitale in campo estetico. Più che una minaccia un’opportunità che già i sentieri dell’arte avevano saputo tracciare ed individuare nelle lezioni che da Nam June Paik raggiungevano i raffreddamenti di spazio e tempo di Bill Viola (senza trascurare gli “esperimenti” di Munari). Nel 2009 per i tipi Rizzoli è uscito un interessantissimo volume (Dear Mr.Fantasy – Fotoracconto di un’epoca musicale in cui tutto era possibile 1969-1982) che ha ripercorso la storia di Carlo e i suoi incontri, i suoi scatti fotografici. Una fitta documentazione delle proprie intuizioni e del proprio tentativo di nobilitare tutto il senso culturale di un servizio veramente pubblico che colmasse un gap che l’Italia viveva in termini di suoni e percezione dei nuovi mutamenti tecnologici che oggi riconosciamo e diamo per scontato dietro sigle come Youtube, Spotify, punte di diamante di una condivisione digitale che in qualche modo dovrebbero rovesciare le logiche di sterili contrapposizioni tra realtà egemoniche e verità subalterne. Allo stesso modo, il suo impegno con la storiche puntate di Mediamente, termometro televisivo che per una manciata di anni ha misurato la temperatura “digitale” dell’influenza tecnologica e di suoi strumenti (hardware e software) confrontandosi svecchiandone la percezione e studiandone l’impatto sociale con una comunicazione piana, comprensibile ed efficace, hanno costituito un raro esempio di televisione “utile” alla comprensione dei nuovi strumenti della contemporaneità dall’avvento del cd-rom alle nuove “accessibilità” di un Internet agli albori. Il suo ultimo impegno, una striscia musicale in tarda serata su Rai 5 (dal martedì al sabato alle 00.15) dal titolo “Ghiaccio Bollente”.

 

I Simulacri

Ogni epoca ha le sue invenzioni e i suoi detrattori. Ai tempi di Mr.Fantasy il videoclip era considerato da molti una minaccia che avrebbe avuto delle influenze negative sulla musica trasformandola in qualcosa di troppo visuale. In parte era vero e in parte no dal momento che si andava verso la civiltà dell’immagine e la musica avrebbe avuto delle conseguenze come qualsiasi altra forma d’arte da questo impatto. L’immagine, il come ti presenti, come ti muovi sul palco stava cambiando in quegli anni la concezione della musica. In quel periodo c’erano molti artisti che avevano molta reticenza nei confronti del nuovo media. Altri come Bruce Springsteen – pensa al videoclip di “Dancing In The Dark” –  e altri artisti hanno usato il video per distinguersi, crearsi una nuova immagine e una nuova presenza scenica rinnovando la propria riconoscibilità. Quando arriva una nuova tecnologia ci sono artisti più anziani che capiscono che c’è qualcosa di nuovo e lo usano e quelli che fanno resistenza. È successo e continuerà a succedere sempre. L’innovazione porta una frattura tra chi si affaccia sul nuovo e chi no. Lo stesso vale oggi per realtà come  Spotify e in precedenza per Youtube. Un canale indispensabile alla promozione visto che appena un brano esce puoi vederlo direttamente lì. Senza il videoclip non ci sarebbe stato Youtube e la musica avrebbe perso qualcosa in termini di diffusione e penetrazione. Oggi l’ecosistema è completamente cambiato. Prima e stiamo parlando di una trentina di anni fa c’era il negozio di dischi, i concerti, le vendite di vinili, i giornali specializzati, la radio e poca televisione. Oggi la stessa tecnologia può essere usata per fare cose differenti. Puoi prendere un link su YouTube e condividerlo sulla tua pagina di Facebook. Le riviste si sono trasformate in edizioni online. Senza Youtube il mio nuovo spazio musicale “Ghiaccio bollente” non sarebbe possibile dal momento che recuperiamo video attraverso quel canale. Lo scenario oggi è completamente diverso rispetto a venti anni fa e cambierà continuamente Basti pensare al concetto di Cloud. Forse tra cinque anni tutto sarà nella nuvola…

 

Design Televisivo

Il ruolo di Mario Convertino fu determinante dato che la nostra trasmissione era all’avanguardia dal punto di vista del di fare design televisivo. Questo a partire dalla scelta del bianco assoluto e poi dal punto di vista grafico dall’utilizzo dei suoi alfabeti ispirati a Kandisnsky, con le parole che si formavano gradualmente. Rappresentava lo stato dell’arte. Questo immaginario visuale derivava dall’underground ma Mr. Fantasy era anche “sky high” dal momento che la gente ci mandava le videocassette delle band locali. In questo modo abbiamo contribuito a lanciare artisti  catturando, ad esempio, i segnali dell’ambiente creativo milanese come nel caso di Ivan Cattaneo… Inoltre  avevamo in studio, ad esempio, il lavoro di Mendini che contribuiva ad aumentare in termini di eleganza e stilosità la nostra immagine.

 

In Media stat virtus

Mediamente è stata una grande intuizione di Renato Parascandalo: fare un programma sul cambiamento tecnologico, sul passaggio al digitale in generale. Parlavamo del cd-rom che prima non esisteva e che sembrava il mezzo del futuro, della Rete e delle grandi compagnie come Aol, Yahoo, etc. I motori di ricerca erano Netscape e Altavista. Era un mondo del tutto nuovo e in continua evoluzione a partire dall’introduzione della mail. In questo senso il servizio pubblico aveva un utilità sociale offrendo un servizio di alfabetizzazione di massa. Quello che ci interessava non era tanto la tecnologia in se quanto le sue possibili ricadute sociali ed umane. Come cambiava la vita delle persone che usavano la tecnologia. Avevamo affidato questi temi ad un gruppo di neolaureati in filosofia come Gino Roncaglia e Fabio Ciotti per ragionare su come stava cambiando il mondo. Un mondo molto complesso. La rivista Wired all’epoca sembrava quasi una rivista di fantascienza. Dava spazio a tutto quello che tecnologicamente più avanzato era in grado di mutare il contesto sociale ed economico, le relazioni tra le persone. Lo stesso vale per quegli autori come P. K Dick o William Gibson. Loro immaginavano un mondo che in parte si è avverato, in parte no o non ancora forse. Ad esempio io ho intervistato Bruce Sterling, un altro autore come gli altri che con le loro visioni immaginavano quello che sarebbe successo. C’era un o sforzo da parte di tutti di prefigurare il futuro. I mutamenti antropologici erano l’interesse principale di Mediamente che nei suoi sette anni di vita (dal 1995 al 2002) ha creato una specie di podio elettronico per far parlare tutti quelli interessati alla materia com Pierre Levy e Derrick De Kerchove. I suoi contenuti multimediali erano inoltre distribuiti attraverso un sito web. Purtrtoppo questa esperienza fu chiusa da Minoli che non capiva, all’epoca, a cosa servisse un computer…

 

Ghiaccio Bollente

Questa striscia musicale notturna è un’iniziativa musicale interessante. È la prima volta che è accaduto da quando la Rai ha deciso di investire sul digitale terrestre quando forse sarebbe stato meglio sfrutttare le potenzialità del web per una web tv che potesse essere veramente all’avanguardia anche internazionalmente. Che che cosa ha fatto la Rai andando sul digitale terrestere? Ha creato una pletora di canali che non ha soldi per gestire, alla fine… si spende tanto per il varietà ma poi c’è tanto minutaggio e per produrlo i budget sono molto limitati. Noi facciamo un prgramma notturno con dei buoni professionisti e con una produttività molto alta rispetto al budget. È una cosa importante che la televisione di Stato si interessi alla musica e la renda accessibile anche se in orari forse scomodi. La promozione è zero. A noi piacerebbe fare un programma come era Stereonotte. Ci sono degli spazi per fare delle cose in questi canali con poco budget anche per ridare un senso al digitale terrestre che se usato per continuare a fare la vecchia televisione rischia di rappresentare un’ulteriore occasione persa.

 

Musica a notte fonda: suoni in castigo? 

Sicuramente la televisione è uno strumento di controllo e manipolazione di massa però io penso più banalmente che l’operazione sia legata all’audience, alla paura di non fare numero piuttosto che negare spunti di libertà che la musica e l’arte hanno in se anche se credo che  una televisione di servizio pubblico debba tenere in considerazione queste cose. Devi considerare che la visione della televisione si è molto frammentata. Raramente si guarda la telvisione. Si guarda un film o una partita. Lo zapping di una volta si è spostato sul web. La tv è accesa ma stai navigando per conto tuo… tutto questo è diverso rispetto a 30 anni fa. Siamo diventati tutti dei prosumer creando contenuti su facebook, Twitter… Questi contenuti vengono condivisi quindi il sistema della comunicazione attraverso il “video a distanza” è completamente diverso e questo ha aperto delle opportunità. Vedremo chi saprà coglierle…

 

Luca Perini | Bake Agency

 

 

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