Se non ci fossero gli attentati dei fondamentalisti islamici, sarebbe già emergenza caldo. Il sistema di informazione, che dal web alla tv è sempre più piegato all’ intrattenimento, fino a perdere o travisare del tutto la propria originale ragione di essere, non può che provare ad attrarre il pubblico facendo leva su moti primari: la paura, l’indignazione, il voyeurismo. Sono tendenze normali: ci si stordisce senza pensare, e si sceglie con cosa farlo in pochi secondi. Altrimenti, click o telecomando e si passa ad altro. Ed è anche importante che confermino le nostre convinzioni, altrimenti, se torniamo a pensare non siamo più completamente dentro il contenuto che ci viene riversato dentro.
Così è l’emergenza sbarchi, che non sono mai stati la parte più importante dei flussi migratori che investono il nostro paese. Così è emergenza uragani negli Stati Uniti, dove c’è sempre qualcuno che ha uno smartphone di ultima generazione per riprendere la tempesta. Così è l’emergenza caldo, che arriva puntuale ad ogni estate. Consigliano immancabilmente di bere molto. Personalmente dopo un paio di bottiglie di Verdicchio dei castelli di Jesi o scivolo in un’incoscienza pesante, tanto da non sentire più il caldo, oppure lo soffro anche più di prima.
La chiave è l’emergenza, perché ciò che attira è ciò che è fuori dall’ ordinario. Anche se le notizie, spesso, richiedono un accurato lavoro di scavo e pensiero per essere elaborate. Ma le notizie non fanno audience, in sé, al massimo producono consapevolezza. Il contrario dell’ audience, appunto.