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PAROLE AL VENTO.
¡Selfie!
(non c’è nulla di innocente)

Gesto molto diffuso, consiste nel rivolgere l’arma (visiva) contro di sé. E mettere in secondo piano qualunque altro soggetto. Piace moltissimo ai giovani.
Già guardare se stessi, però, ammirarsi in uno specchio, è un gesto che solleva qualche problema, ci ricorda la favola di Narciso fin dall’Antichità Classica: in fondo gli occhi sono rivolti all’esterno, non per caso.
Ma scattare una foto a se stessi sposta il problema all’ipostasi della visione: se con un apparecchio fotografico classico si proponeva alla visione di terzi qualche cosa che si era visto, e “come” lo si era visto tramite il mirino o l’obiettivo della reflex, con l’opzione secondaria di inquadrare anche sé dopo una corsa ad anticipare l’autoscatto, gli smartphone attuali sono provvisti di retro-camera, cioè di un obiettivo che – ipocritamente destinato alle videochiamate, che nessuno fa – ha l’esplicita funzione di inquadrare se stessi.
Il soggetto della visione diventa oggetto e si sposta tutto da una parte, quella sbagliata, dell’obiettivo. Doppiamente sbagliata: innanzitutto, il trasferimento della fonte di identità del soggetto nella propria immagine reificata, a volte oltre la soglia della mercificazione, svuota fatalmente di senso il lato del “mirino”, del soggetto, annulla il pensiero individuale nella bidimensionale propria rappresentazione in effigie, secondo codici e stereotipi stretti. In secondo luogo, il passaggio del soggetto della costruzione dell’immagine a ruolo di oggetto, priva anche l’immagine di un vero oggetto, perché l’intensione (non è un errore di battitura) dell’immagine come mezzo di comunicazione non ricade al di fuori del gesto stesso, ma si ritorce su di sé in un’autoreferenzialità che la priva di senso.
Si noti infatti l’afasia sul motivo del gesto: “perché è fico” (appunto), “mi piace” (appunto), “boh” (più onesto e con uno spiraglio di salvezza)….
Giorgio Agamben ha raccontato il potenziale ontologico della fotografia in “Il giorno del Giudizio”. Se la pretesa di eterno di un attimo che si fissa in una fotografia si svuota di significato non è un fatto neutro, ma un evento nella storia: il selfie è il gesto di massa contro natura. Direi quasi immorale, perverso. Se lo prendiamo come un sintomo, non c’è da stare tranquilli.

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