Chiara Dattola è un’illustratrice attiva su numerosi fronti, dall’editoria (Corriere della Sera, Internazionale, Le Monde) ai libri per l’infanzia, di cui è anche autrice, fino al fumetto. Si interessa di art-brut e ha scritto e realizzato il primo libro italiano per ragazzi su Giovanni Battista Podestà, uno dei più importanti artisti outsider in Italia: Giovan Battista! (Comune di Laveno Edizioni). E’ docente ufficiale del corso di illustrazione IED diurno e serale a Milano. JustBaked l’ha intervistata per voi.
Com’è iniziato il tuo interesse per l’illustrazione, e dove hai mosso i primi passi?
Il mio interesse per l’illustrazione è nato a casa di un’amica. Non avevo punti di riferimento se non quest’amica e me stessa. Non mi sentivo molto felice. Ho pensato, avevo 14 anni circa, che da grande non avrei voluto fare il pittore. Avrei voluto unire la passione per il disegno con qualcosa di funzionale. E vivere di quello. L’illustrazione mi sembrava un buon compromesso, visto che amavo anche I libri. Ma non stavo facendo il liceo. Quindi ho finito le superiori e ho studiato illustrazione allo IED.
Parlando del mestiere dell’illustratore, una volta Munari disse che è “l’artista della nostra epoca”. Sei d’accordo? Qual è il tuo modo di “tradurre” la traccia di un committente e farla tua?
Forse ai tempi di Munari andava bene questa definizione. A me, non piace la parola “artista”. Cosa vuole dire?
Per tradurre un testo in immagini, lo leggo prima e mi faccio girare alcune idee nella testa, poi comincio a fare schizzi e poi passo al definitivo, se il committente non mi richiede lo schizzo, preferisco buttarmi sui colori. I colori hanno bisogno di molto rispetto e quindi di molto tempo, molta attenzione.
Le tue illustrazioni devono probabilmente parte della loro riconoscibilità all’uso particolare del colore. Ci vuoi parlare di questo aspetto e della ricerca su un tuo segno personale?
Sì, penso proprio che per me i colori siano una cosa molto importante. Me li sento nello stomaco e fanno parte di me. Penso che senza colori non potrei vivere. All’inizio ne avevo paura e non riuscivo a gestirli, poi tutto è esploso a causa di un grave incidente nel mio studio: è andato a fuoco. E così si sono accesi tutti i toni, come in una sinfonia. In una strada obbligata verso l’espressività.
Parliamo della tua tecnica: prediligi ancora i supporti “analogici”, lavori al computer, mescoli le due cose?
Prediligo i supporti analogici, mi piace la gestione del colore immediata, ma le bozze le faccio a mano e il pensiero, per forza deve essere messo “nero su bianco” prima che parta il tutto. Insomma, alla fine mi piace disegnare con ogni medium. Per velocità di esecuzione ed effetto, lavoro perlopiù in digitale.
Hai illustrato molte storie e pubblicato molti libri per ragazzi in Italia e all’estero.
Sta cambiando, nella tua esperienza, la sensibilità e l’immaginario del pubblico infantile di oggi? In quale direzione?
Penso che qua in Italia non si abbia bene la percezione di un cambiamento, perché, purtroppo, molti genitori decidono per i figli che libri debbano leggere o sfogliare, non ritenendoli in grado di decidere da soli.
All’estero ho avuto una percezione diversa: i bimbi sono stimolati nelle scelte, non vengono loro vietate.
Nel 2007 hai realizzato a Milano una mostra dedicata a Dino Buzzati, per poi pubblicare nel 2011 un altro tributo allo scrittore, un racconto illustrato sulla rivista Mosso. Ci racconti di questi due progetti e del tuo legame con lo scrittore?
Buzzati ha acceso i miei colori. Io sono molto legata a lui, narrativamente. Penso che il suo modo di raccontare sia unico e le sue soluzioni stilistiche, per me, molto interessanti. Unisce la sobrietà del saper far cronaca alla necessità di avvicinarsi al lettore anche nel romanzo. Ha molto rispetto per il lettore e per se stesso. Quando ho avuto l’incendio in studio, ho cominciato a leggere “Un Amore” e ho conosciuto nel luglio di quell’anno due libraie fantastiche che avevano una libreria caffé a Milano che ora non esiste più. Vicino a piazza Cinque Giornate. Si chiamava Libreria “Libri e caffé”. Un posto speciale. Quando ho proposto loro di appendere in libreria le tavole realizzate per “Un Amore” furono entusiaste.
Dopo alcuni anni, ho pensato di realizzare un racconto illustrato ispirato a Dino Buzzati da proporre al Corriere, di cui sono collaboratrice e per cui collaborava anche Dino Buzzati. E l’ho fatto con il disegnatore Roberto La Forgia. Daniela Monti, una delle mie redattrici favorite e una persona molto intelligente, ha preparato per la storia una introduzione perfetta, che ha chiuso un cerchio narrativo. Quindi pubblicazione su Corriere della Sera e su Mosso. Mosso, invece, era un progetto di rivista on-line non rivista. Fondato da Paolo Interdonato, Pasquale La Forgia, Roberto La Forgia e me.
Recentemente hai lavorato alla realizzazione del video per il progetto WAME (World Access to Modern Energy). Ti va di raccontarcelo, e di parlarci del tuo approccio all’animazione?
Sono stata chiamata a realizzare questo progetto da Anna Puccio (allora in A2A), con cui avevo avuto il piacere di collaborare per molto tempo, all’inizio della carriera. Anna ha contattato me e l’agenzia Andromaca di Milano per pensare ad un video che potesse essere realizzato per mettere in evidenza l’importanza, per quelle persone che non ce l’hanno, di avere accesso alle energie pulite nella vita di tutti I giorni. Quindi con Valentina Morelli di Andromaca, Patrick Toomey-Neri (sound design)e Roberto Tomei (Animazione) abbiamo pensato a questo video per cui ho realizzato storyboard e immagini a colori e regia.
Per salutarci un consiglio ai lettori: il libro sul tuo comodino in questo momento.
“La felicità non è un lusso” di Guido Morselli – edizioni Adelphi