Tempo del cazzo evidentemente. Che more sono? Un attimo che vedo il necrologio. Da polso. La notizia ti raggiunge di Skiantos. Stavi male, Freak. A prescindere dal male che ti ha sfanculato dal mondo. Si chiude come una corte celeste su un proscenio degenerato l’ultimo scampolo in seconda battuta di un “underground” incrostato come sterco nell’anima di un rigurgito. Dietro ogni grande eroe ci sta un’eroina? La stazione di Bologna, Tondelli e la puzza di piscio. Sticazzi. Improvvisare contro l’omologante droga di stato, catodica e fuorviante. Mentre degli sbirri stuprano Franca Rame dentro il blindato dei Carabinieri, Pazienza schizza Pentothal sulle pagine bianche. Rank Xerox lascia lubna alle sue bestemmie e “Tanassi ti spara col pum pum!”. Che c’è da capire? Un cazzo. Morire d’amore… eppure l’amor mio non muore. Il registro stilistico conta? Conta la forma? Reazione, reazione verbale. Offendere o se preferiamo chiamare in causa lo scomodo accoltellato, il PPP dell’avanguardia italiana: “scandalizzate, scandalizzate sempre… anche a costo di bestemmiare”. Perché di contro le bestemmie del reale, l’ipocrisia delle sue letture poco cambia e tutto resta. Stocasticamente finito nella merda, se ci finisci ci resti, economicamente imbrigliato il sistema ti fotte e l’onta del giudizio non ti da soluzioni negandoti ogni via di scampo. Ti bombarda addosso e poi ti manda la croce rossa a curare i suoi danni con delle lady testimonial in satin dai larghi sorrisi in fuga verso l’obnubilazione del cordoglio che rimuove lo sgradito, il non opportuno. Quel non stare bene che non vuol dire fiducia ma semplicemente te lo abbiamo messo dentro un’altra volta. L’effetto bilama del sistema di controllo, dello stato di polizia, il rigurgito dei fascismi democratici. Maledetti o benedetti anni ’70. Anche quelli visti dalla contumacia antropologica di Gaber. Cosa ci sia di demenziale nell’introdurre il galvanico gergo urbano nei testi delle canzoni, nella spietata resa del nudo e crudo resta da capire. Un tentativo di sicuro quello di neutralizzare la deflagranza. Siamo punk, puzziamo, beviamo e ci droghiamo. Tanto basta per invalidare il portato del messaggio, il senso di una critica che lacera l’anima. Tu dici: “Ama il prossimo tuo come te stesso, cazzo!”. E gli altri commentano: “Ha detto cazzo, ha detto cazzo”. La tragica solitudine dell’interferenza che riporta il ricevente all’asilo e il messaggero al manicomio. Riducete tutto questo nella superficialità dello sballo e la controinformazione ufficiale è bella che servita. Neutralizzare l’acido è impossibile. E così caro Freak te ne sei andato affanculo, malato due volte, malato di vivere come Montale in ciabatte che bestemmia pallido e assorto, braccato dal “male oscuro” della sensibilità. L’ovvio evidentemente non è tale e la realtà uno schiaffo in faccia. Vanagloria quella di poterti mandare affanculo, struzzo borghese! Fuori Bologna è sempre la stessa e anche peggio. Così l’Italia. I sogni frantumati di una generazione che da “eptadone” degli skiantos arriva alla porra dei Sangue misto lenitivamente per quanto scorretta sempre molto più corretta rispetto alla crudezza di un messaggio che non accetta compromessi. Nesuna mediazione, tanto meno industriale. In questo il rock, il punk esprime con violenza il suo urlo di realtà. Aprite gli occhi e cominciate a vedere. Demenziale un cazzo. La morte tra le braccia. Demenziale un cazzo.
Luca Perini | Bake Agency