Eracle, Achille, Odisseo, Zeus, Atena, Medusa, Circe e tanti, tantissimi altri ancora… Sono solo alcuni degli eroi, semidei, dèi e mostri, che popolano le storie dei miti che sono giunte a noi dall’antica Grecia e che appartengono ad un sostrato culturale certamente precedente.
Chiunque, bene o male, ha quantomeno presente questi nomi: fanno parte di un patrimonio troppo radicato per non averne mai sentito parlare. Tuttavia la conoscenza specifica e dettagliata delle storie può venir meno ai più, tanto che questi mitici personaggi restano soltanto nomi ed è proprio in questo contesto che a rivitalizzare gli antichi miti interviene un filone letterario che sta avendo negli ultimi anni un enorme successo: il fantasy a carattere mitologico o retelling.
Il retelling mitico: purtroppo o per fortuna?
La questione della mitologia greca nei libri di oggi vede in campo due diversi schieramenti: gli amanti di questo genere letterario e i “puristi” del mito, che lo vorrebbero unicamente in alfabeto greco antico e possibilmente scritto da una mano di minimo quindici secoli fa. Per chi la vede in questo modo, il mito non deve essere toccato né manipolato in alcun modo, deve restare immutabile e fisso in un’unica forma. Fino a poco tempo fa anche io ero dalla parte di questi antichisti un po’ troppo rigidi, ma poi ho avuto modo di guardare la questione da un altro punto di vista dopo aver ascoltato alcune conferenze in merito.
Ebbene, contro chi si scaglia a sfavore del retelling mitico per salvaguardare la purezza e la fissità di un mito si può molto semplicemente replicare che il mito greco non è mai stato fisso. Varianti di ogni storia circolavano fin dalle epoche più antiche, soprattutto perché, prima che essere episodi messi per iscritto, erano raccontati oralmente. Addirittura, durante il periodo ellenistico (IV-I secolo a.C.) gli autori di libri sulla mitologia greca andavano alla ricerca delle varianti dei miti meno note e più particolari.
Assodato ciò, come si può criticare un genere letterario di così grande fama, che ha il pregio di avvicinare i giovani lettori alle antiche storie, solo perché non rispetta l’immobilità di un racconto che di per sé non è mai stato immobile e uguale a se stesso?
Per i giovani lettori: il fantasy mitologico di R. Riordan
Tra i più famosi che hanno scritto libri sulla base della mitologia greca ci sono due grandi nomi statunitensi che, per numero di copie vendute, possono davvero fare invidia a molti: Rick Riordan e Madeline Miller.
Rick Riordan è autore di ben cinque saghe fantasy che prendono spunto da storie mitologiche, non solo tratte dal mondo greco, ma anche egizio, con la trilogia The Kane Chronicles (2012-2014), e norreno, con i tre volumi di Magnus Chase e gli dèi di Asgrad (2015-2017). La sua fama maggiore però è certamente da attribuire al personaggio di Percy Jackson, a cui è interamente dedicata la prima pentalogia, intitolata appunto Percy Jackson e gli dèi dell’Olimpo (2010-2012), e che compare anche nella seconda, Eroi dell’Olimpo (2013-2015).
La peculiarità di tutti questi libri sulla mitologia greca è che sono ambientate in epoca contemporanea e che i protagonisti adolescenti statunitensi figli però di divinità: sono semidei che si trovano ad affrontare Minotauri, Idre, Titani e tanti altri mostri, giovani ragazzi e ragazze che, novelli Odissei, scendono nell’Ade o che, come Teseo, percorrono il labirinto ideato da Dedalo.
Il target di Riordan è di giovane età e sono certa che nessun adolescente possa resistere al fascino, all’incanto e all’avventura dei suoi racconti!
In vetta alle classifiche: M. Miller e il retelling mitologico
Madeline Miller è autrice di due bestsellers pubblicati in Italia da Feltrinelli, La canzone di Achille (ed. italiana 2019) e Circe (ed. italiana 2021). L’autrice, a differenza di Riordan, scrive sia per un pubblico adolescente, sia per un pubblico più adulto e si serve della mitologia greca nei suoi libri in modo molto meno libero. Il suo è un retelling a tutti gli effetti, piuttosto che un fantasy basato sul mito come quello dell’ideatore di Percy Jackson. Le sue storie, ambientate in un’indistinta ma antichissima età mitica, hanno come protagonisti i veri eroi della guerra di Troia o Circe in persona.
L’autrice, con il suo stile evocativo, dolce, malinconico e nostalgico, sa rendere la giusta atmosfera di un mondo antico, lontano e magico ai racconti ed i suoi libri si leggono con grande piacere.
Se le donne nei miti greci non hanno mai avuto una gran risonanza, Miller nel libro Circe mette al centro proprio una donna. Una maga nota per la sua crudeltà e per la prassi di trasformare gli uomini in bestie. Intorno a lei ha costruito l’impalcatura di un romanzo ben corposo, nonostante il personaggio di Circe nell’Odissea, che è il principale testo antico che ci racconta di lei, occupi poco spazio e soltanto all’interno del libro X. La Circe di Miller è una dea dai sentimenti umani, è perfettamente caratterizzata in tutte le sue emozioni, specialmente quelle negative. Nel libro la descrizione del rapporto con suo figlio è molto attuale e rappresenta molti conflitti tra figli e genitori, fondati unicamente sul bisogno di autonomia per i primi e paura per i secondi.
Paura e dèi. Paura e dèi, non parli d’altro. È tutto quello di cui hai sempre parlato. Eppure migliaia e migliaia di uomini camminano su questo mondo e vivono fino alla vecchiaia. Alcuni di loro sono perfino felici, madre. Non se ne restano aggrappati a porti sicuri con la disperazione in faccia. Voglio essere uno di loro. Come fai a non capirlo?
Invece, il primo romanzo di Miller, La canzone di Achille, costituisce per me una questione un po’ spinosa e più complessa. Questo libro, di cui in ogni caso ho potuto apprezzare molti lati positivi, primo fra tutti lo stile, mi ha lasciato alcune perplessità proprio in merito al rapporto che intreccia con il vero mito che racconta.
La storia parla della guerra di Troia e del suo protagonista, Achille. Miller nel libro riporta la vita dell’eroe della mitologia greca a partire da episodi che precedono la grande guerra in cui è coinvolto, soffermandosi soprattutto sul suo rapporto con Patroclo. Achille e Patroclo diventano così un espediente per raccontare una storia LGBT, quella dell’amore tra questi due giovani. Ciò che mi aveva fatto storcere il naso è che, secondo le interpretazioni classiche del mito – stando al filosofo Platone e al tragediografo Eschilo, per citare alcuni tra i nomi più famosi –, i due eroi avevano sì una relazione, ma essa non aveva tanto a che fare con l’amore vero come ce lo racconta Miller. Si tratterebbe infatti del rapporto di pederastia tra eromenos ed erastès. Vale a dire un rapporto altamente ritualizzato e socialmente codificato tra un giovane, l’eromenos, cioè “l’amato”, e un adulto, l’erastès, “l’amante”.
Le mie perplessità nel corso della lettura de La canzone di Achille erano generate proprio da questo: il libro non racconta del vero vincolo sociale che unisce Achille e Patroclo, importantissimo nella Grecia antica, ma mostra il loro rapporto riattualizzato e edulcorato come un amore sincero e passionale. Col tempo però il mio punto di vista in proposito è cambiato. Come si diceva precedentemente, se è giusto e storicamente corretto che del mito greco ci siano più varianti, allora perché Miller non ce ne può proporre una in cui i due giovani guerrieri si amano?
Inoltre, come ha scritto Italo Calvino (Perché leggere i classici, 1991) «è classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona» e in quest’ottica la storia di Achille e Patroclo, reinterpretata in chiave romantica, può far sì che un mito, nonostante la sua antichità, funga ancora da specchio per la contemporaneità e può essere utile per i giovani, che hanno modo di leggere in un romanzo vicende che sono loro proprie.
Un retelling italiano: Cesare Sinatti
Quella dei retelling mitici è, come si diceva, una strada oggi molto battuta e frequentata da molti scrittori. Per restare sul tema de La canzone di Achille, cito volentieri un romanzo che mi è molto piaciuto, scritto da un autore italiano, Cesare Sinatti, e pubblicato nel 2018 da Feltrinelli: La splendente. La storia di questo libro è la medesima di quello di Miller, cioè la guerra di Troia, ma il punto di vista assunto non è più quello dell’eroe per eccellenza del conflitto, ma di una donna, precisamente di colei che sarebbe la causa di tutto questo male, Elena. È evidente che l’autore in queste pagine cerca di rendere la totale umanità dei personaggi, allontanandoli dalla scena del racconto mitico, rendendoli meno semidei, meno figli di divinità e più uomini, capaci di provare forti passioni e sentimenti, di amare, di gioire e di soffrire e provare dolore.
Non si dicevano molte parole. Potevano trascorrere interi pomeriggi assieme senza dire nulla, godendo della loro presenza reciproca. C’era tra i due un’affinità che oltrepassava ogni vicinanza fisica, una comprensione, un abitare uno nella mente dell’altra.
Scopri gli altri articoli di Michela Battista su Just Baked!