Roberta Lepri, nata a Città di Castello nel 1965 e attualmente residente in Maremma, è un’autrice di talento che ha arricchito la scena letteraria italiana con la sua produzione narrativa. Dal 2003, ha scritto dieci romanzi e una raccolta di racconti, esplorando temi complessi e sfumature della condizione umana. Il suo romanzo più recente, “La gentile“, si aggiunge a una bibliografia già significativa. Tra le sue opere pubblicate con Voland, spiccano “Hai presente Liam Neeson?” (2021) e “Dna chef” (2023), quest’ultimo vincitore del Premio Letterario Chianti 2024. Lepri si distingue per la sua capacità di intrecciare storie coinvolgenti con una prosa incisiva, offrendo ai lettori un’esperienza di lettura profonda e riflessiva.
Un romanzo che ci porta in un luogo che l’autrice conosce bene, perché c’è nata e ci sono nati gli avi: Città di Castello. L’Umbria dalla fine dell’800 alla Seconda guerra mondiale fa da sfondo alla vita di due donne. Alice Hallgarten, ricca filantropa americana, realmente esistita ed Ester, personaggio di fantasia che Roberta Lepri rende “vero”, spietatamente vero: una giovane donna ebrea convertita, segnata dalla povertà e dalle difficoltà. Il titolo del romanzo, “La gentile”, assume fin dall’inizio un significato duplice, riferendosi sia all’origine ebraica di Ester, “gentile” in quanto convertita, sia al tratto distintivo del carattere di Alice: la gentilezza d’animo.
La Banalità del Male, la Complessità del Bene secondo Roberta Lepri
Alice, mossa da un profondo desiderio di progresso sociale, sposa un altro gentile d’animo, molto più grande di lei, il barone Leopoldo Franchetti, e lo convince a finanziare una scuola per i figli dei contadini e una scuola di ricamatrici, la “Tela Umbra” che, come azienda, esiste tuttora e dal 1908 produce pregiatissimi lini.
Ispirata dagli ideali di emancipazione femminile Alice, che nella vita e nel romanzo incrocia Maria Montessori, crede fermamente nel potere dell’istruzione e del lavoro come strumenti di riscatto sociale. La sua figura incarna la modernità e la lotta per i diritti delle donne, Ester rappresenta l’altra faccia della medaglia: la sua esistenza è segnata dalla miseria materiale e da un deserto di sentimenti. Con una madre anaffettiva e dura come la vita che ritiene l’unica possibile per quella figlia; e un padre succube della moglie di turno. Nonostante le avversità, Ester riesce a frequentare la scuola nella villa dei baroni e sogna di diventare maestra per evadere da una vita di stenti. L’incontro con Alice le offre una grande opportunità di cambiamento, ma il loro rapporto si rivelerà complesso, sfaccettato, segnato da incomprensioni reciproche.
L’ebrea convertita porta sempre con sé, quasi come un salvacondotto, un libretto di preghiere e un rosario. È il peso di una identità celata, costretta a nascondere la sua origine per paura del pregiudizio diffuso in quell’epoca, come del resto in altre passate e, purtroppo, ancora oggi; pregiudizio per cui l’appartenenza religiosa può determinare il destino di una persona.
Roberta Lepri spiega la Doppia Faccia della Gentilezza
Lepri esplora con rigorosa puntualità il contrasto tra il mondo privilegiato di Alice, associata in qualche modo al dio greco Pluto, simbolo di ricchezza, e la realtà di miseria di Ester, associata alla dea greca Penìa, personificazione del bisogno. Attraverso la storia di queste due donne, siamo indotti a riflettere sulla facile pervasività del male e sulla complessità del “fare il bene“, sui limiti e i rischi della filantropia.
La gentilezza di Alice non può colmare il divario sociale e non sempre si traduce in un reale beneficio per chi la riceve. Ester, a sua volta, si trova a dover fare i conti con la propria ambivalenza: grata ad Alice per il suo aiuto, ma al contempo incapace di accettare completamente la generosità di chi non capisce e non asseconda fino in fondo il suo desiderio di diventare maestra. La gentile Alice, infatti, non è abbastanza empatica da leggere la realtà dal punto di vista della beneficata, non riesce a comprendere appieno le esigenze di Ester e il suo desiderio di un’autonomia vera e propria. La sua filantropia, inoltre, si scontra con i limiti di una società che non è pronta per offrire reali opportunità di riscatto.
Arriverà Ester a maturare un profondo rancore per Alice che ne resterà prigioniera, oltre i confini della sua stessa vita e dovrà attendere che la sua beneficata si riappacifichi con sé stessa, prima ancora che con lei, per poter morire definitivamente. Sembra un ossimoro; invece, è il coinvolgente finale del romanzo.
Una Lepri Diversa
L’autrice, con una prosa asciutta e coinvolgente ci riporta in un’epoca di grandi trasformazioni sociali, offrendoci una visione, a volte di sole atmosfere a volte ricca di dettagli e sfumature, di quel mondo in trasformazione in cui le automobili, come la Lancia, iniziano a sostituire le carrozze, simbolo di un’epoca che sta scomparendo. Il romanzo non si limita a raccontare una storia, ma spinge a interrogarci sul significato di solidarietà, emancipazione e giustizia sociale, temi che si ripropongono largamente irrisolti ancora oggi. La storia di Alice ed Ester ci ricorda che il progresso, individuale e collettivo, richiede un impegno costante e una profonda comprensione delle complessità dell’individuo e della società.
Credo sia il romanzo più maturo di quelli finora pubblicati da Roberta Lepri, che si confronta con le proprie radici, come altre volte, ma con una consapevolezza più profonda. Diversamente da molti dei precedenti romanzi rinuncia al colpo di scena spiazzante, alla tensione del “cosa accadrà”, al romanzo da leggere tutto d’un fiato per vedere come va a finire.
Rinuncia a favore di una scrittura senza soprassalti, ma vibrante nell’alternarsi dei flussi di coscienza delle due protagoniste e di momenti significativi delle loro quotidianità. Nel caso di Ester: la punizione violenta inflittagli dal padre, il sapore della prima marmellata, la scoperta della bellezza, il fascino avviluppante dell’apprendere, la rivelazione dell’erotismo. Rivelazione in due situazioni opposte: il primo rapporto sessuale in bilico tra violenza e curiosità, la scoperta progressiva del piacere femminile in un erotismo coniugale sempre più completo e appagante. Unica consolazione in una vita spesso senza altra gratificazione.