Parte domani, all’Auditorium Parco della Musica, l’ottava edizione del Roma Fiction Fest, il festival internazionale dedicato alla serialità televisiva, promosso dalla Regione Lazio e dalla Camera di Commercio. Per la prima volta al timone il vulcanico Carlo Freccero, che nel corso della lunga conferenza stampa di mercoledì scorso non si risparmia. Ringrazia tutti, certo, gruppi editoriali in primis (dalla Rai ad Mtv, da Mediaset a Fox ed Axn) ma non risparmia un po’ di veleno nei confronti dei suoi tanti detrattori, tra stampa e addetti ai lavori, che ancora stentano a credere nella forza culturale e industriale della fiction.
Non si può restare indifferenti di fronte a questo “fiorire di serialità”, come ha detto lo stesso Freccero, non si può fingere che sia ancora un prodotto minore rispetto a quello cinematografico, perché la serialità televisiva degli ultimi anni, soprattutto americana, è un linguaggio differente e un mercato completamento nuovo. Sempre più aperto, dinamico, svincolato da logiche produttive generaliste e da un pubblico di videogamers, con cui il cinema, invece, è costretto a fare i conti, può guardare al mondo con maggiore disincanto, restituendo, spesso con ferocia, lo sbandamento etico nel quale oggi viviamo. Può raccontare il male senza edulcorarlo, può gettare nella spazzatura l’happy ending e i cavalieri senza macchia, perché di supereroi è pieno il multisala, può contare su un pubblico di lettori e appassionati di streaming. Così la tv via cavo, i canali satellitari (che si moltiplicano a dismisura) si riempiono di politici sanguinari, criminali, zombie, detective noir, lupi mannari adolescenti, pirati, cuochi di meth. Il mondo non è un bel posto in cui vivere, “per questo in Italia ci si rifugia in Don Matteo”, ironizza il direttore del festival, ma è una battuta che restituisce la potenza comunicativa dei prodotti seriali, rispetto ad altri generi. Più del cinema, meglio dell’informazione.
È un festival costato quasi un milione e mezzo di euro, un budget drasticamente ridotto rispetto agli anni passati, dove le cifre raggiungevano gli 8 milioni di euro – “ho scelto il prodotto al red carpet, rinunciando alla presenza delle star, tutto qua”, risponde Freccero a chi gli chiede le ragioni di una simile riduzione di spesa – e che tuttavia può vantare 43 anteprime internazionali, 6 anteprime italiane, 21 Paesi rappresentati, 7265 minuti di proiezione complessivi e due giurie, quella internazionale, presieduta da Aldo Grasso, e quella italiana, guidata da Alberto Sironi (il papà televisivo del Commissario Montalbano), e persino un padrino d’eccezione, l’attore Luca Argentero.
In sette giorni di proiezioni, dal 13 al 19 settembre, il Roma Fiction Fest non si farà mancare nulla, accontentando qualsiasi palato e fascia d’età. La programmazione è stata, infatti, divisa in un day time, principalmente dedicato ai più piccoli, e in un prime time, con anteprime, masterclass e conferenze. Ma c’è di più, ogni sala rappresenterà in qualche modo una Rete e la sua politica, come in una sorta di libreria, cosicché lo spettatore si possa orientare meglio tra i molti appuntamenti della settimana.
Tra gli appuntamenti imperdibili la Master Class con la produttrice di “The Walking Dead”, Gale Ann Hurd, l’anteprima di “Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera” con Pier Francesco Favino e “Fargo”, tratta dall’omonimo capolavoro dei fratelli Coen, con Allison Tolman nel personaggio che valse l’Oscar a Frances McDormand. Non mancherà la premiere di “True Detective”, che andrà in onda su Sky questo autunno, e uno speciale su “House of Cards”, con tanto di retrospettiva dedicata alla serie inglese del 1990.
Da tenere d’occhio anche le serie figlie di nuovi canali dedicati o di e basterebbe questo a capire che siamo di fronte ad una rivoluzione inarrestabile. “The Red Road” di James Gray, trasmesso dal canale televisivo via cavo Sundance TV, lo stesso di “Top of the lake”, nato di recente dalle ceneri di una joint venture tra la Universal, il Sundance e Showtime Networks. “The After” dal creatore di X-Files Chris Carter e la commedia “Transparent”, entrambe prodotte da Amazon Studios e distribuite attraverso Amazon Instant Video. Seguendo la filosofia della Rete e del crowdsourcing, Amazon si apre agli utenti, i quali possono proporre, finanziare, approvare, modificare script e progetti televisivi o cinematografici. Se Netflix aveva aperto la strada, sbaragliando giganti come l’HBO e aggiudicandosi la serie di Beau Willimon, Amazon potrebbe davvero rappresentare un’alternativa al potere dei grandi network.
Ma non ci sarà solo l’America, naturalmente, tra le anteprime italiane segnaliamo la spy story “Ragion di Stato” di Marco Pontecorvo, “La strada dritta” di Carmine Elia, sulla costruzione dell’Autostrada del Sole, “Il candidato – Zucca Presidente” con Filippo Timi, che Carlo Freccero ha definito “la versione idiota di House of Cards” e “1992” con Stefano Accorsi, la storia di come crollò la Prima Repubblica.
E a proposito della fiction italiana, Freccero dice: “La fiction italiana, a differenza di quella americana, non è figlia del cinema, ma dello sceneggiato televisivo. La fiction italiana si trova in un periodo di passaggio, da tradizione a innovazione. La tradizione si riassume nell’eredità rispetto allo spirito pedagogico del servizio pubblico italiano. A causa di questa sua matrice pedagogica, che privilegia profili esemplari, e quindi unici, la fiction italiana è ancora incentrata su prodotti di breve serialità (…) questo può essere letto come una forma di originalità, ma rappresenta nello stesso tempo un limite, soprattutto in vista di un’esportazione del prodotto e di una produzione protratta nel tempo (…) Esiste un prototipo che è alla base della specificità della serialità italiana: la storia serie de ‘La Piovra’ che, a suo tempo, fu venduta in tutto il mondo. Questa serie si è potuta affermare per quel mix di localismo e di universalità che caratterizza la fiction nell’epoca della globalizzazione”.
“Gomorra” e “Romanzo Criminale” sarebbero, dunque, la risposta innovativa. A Don Matteo non resterà che pedalare.
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Chiara Ribaldo