ROMA JAZZ FESTIVAL : Il JAZZ? È una parola…
Speech è il titolo tematico dell’edizione 2013 del Roma Jazz Festival che – nelle intenzioni della direzione artistica di Mario Ciampà dell’ IMF Foundation – approfondisce a suoni e nero su bianco tutte le conseguenze del rapporto tra jazz e letteratura, oralità e scrittura.
Il jazz è improvvisazione, canovaccio sonoro di sensibilità estetiche ed anima-li, urgenza, comunicazione, imitazione e onomatopea. Riflesso condizionato e incondizionato della personalissima cognizione del dolore di una minoranza. Il jazz è un linguaggio: fraseologia, pausa, respiro. A ridosso della natura circostante. Sonny Rollins va sotto un ponte e insegue le virtù ornitologiche di un linguaggio fischiato nel cielo, espressione carica del simbolo di una libertà da riconquistare.
Il jazz esplora per via alternative le sillabazioni, le metriche identitarie del linguaggio africano. Il parlato è ritmo, è segnaletica. La coscienza di questo rapporto raggiunge le fumose manifestazioni underground che collegano l’holler all’howl, l’urlo di Ginsberg. Un richiamo all’attenzione che nell’urbanità dei nuovi “campi di cotone” industriali e metropolitani, legge l’improvvisazione del jazz come puro istinto di sopravvivenza. Un urlo che viene da lontano, nuovo espressionismo, nuova lacerazione. La stessa urgenza di un Munch sincopato.
E così la parola si fa suono. Kerouac prende l’autobus e incastra il proprio stato di coscienza nel flusso di un espressione diretta che tramuta in visioni il be-bop di Parker canalizzando nuovi momenti di scrittura. Il jazz dietro l’organizzazione della parola. Fino alle scritture “automatiche” di Toni Morrison l’istinto resta centrale. L’ispirazione è rivoluzionaria. E l’Harlem Renaissance, centrifuga culturale della black people degli anni ‘20, quella del “jazz poet” Langston Hughes, un riferimento imprescindibile. Benvenuti a Jazzonia dove il cabaret è “whirling” (roteante come un derviscio?) e “six long-headed jazzers play” mentre “a dancing girl whose eyes are bold, lifts high a dress of silken gold.”
Dal 20 ottobre a 2 Novembre attraverso una serie di preziosi appuntamenti – dislocati tra il Parco della Musica e il Lanificio 159 – le migliori pronunce del jazz nazionale e internazionale si uniranno alle voci letterarie più importanti della nostra attualità.
Il libro e la sua parola scritta trovano per ciascun artista una ben precisa corrispondenza. Interplay e punteggiature mobili.
Tra gli appuntamenti attesi segnaliamo quello con il Joshua Redman Quartet abbinato alla scrittura di Georgre Saunders e corroborato dalla presenza di Paolo Rossi. (20 ottobre)
Le ance di Javier Girotto in trio con il piano di Natalio Mangalavite e la voce di Peppe Servillo approdano alla narrativa di Osvaldo Soriano nel progetto Futbòl. (21 ottobre)
I Ritratti in jazz di Haruki Murukami segnano la coscienza del trio del Vijay Iyver, rivelazione, in corso d’opera, del jazz internazionale. (22 ottobre)
Simbolica e carismatica la presenza di Amiri Baraka, autore del seminale Il Popolo del Blues, al secolo Leroy Jones (28 ottobre)
Completano la ricognizione, l’ethiojazz di Mulatu Astatke (24 ottobre), Anthony Joseph con la sua Spasm Band (25 ottobre), Roy Paci in cordata con Carlo Lucarelli (26 ottobre), Avishai Coehn – a confronto con lo spirito narrativo di Leonard Cohen (27 ottobre), il trio di Fabrizio Bosso che insegue le memorie perdute e ritrovate di Chet Baker nel suo progetto Shadows (31 ottobre), Antonello Salis in trio con la chitarra di Paolo Angeli e il sax di Gavino Murgia che guidano la voce recitante di Marcello Fois (29 ottobre) e i “Chisciottismi ” di Erri De Luca. Il suo reading è accompagnato da Gianmaria Testa alla chitarra e dal clarinetto di Gabriele Mirabassi.
Il programma completo, tutte le informazioni e i dettagli sul sito del Roma Jazz Festival.
Luca Perini | Bake Agency