Mercoledì 7 settembre è cominciata l’undicesima edizione di SHORT THEATRE: un festival di teatro che si tiene a Roma (da qualche anno in pianta stabile a La Pelanda al Macro Testaccio, con alcune incursioni in altri luoghi della città) e che, per 12 giorni (dal 7 al 18 settembre), si trasforma in un vero e proprio villaggio animato da teatro, danza, musica, arti visive, installazioni, video, performance e clubbing.
49 compagnie, 15 straniere e 34 italiane, con 150 artisti presenti per 57 performance, delle quali 7 prime assolute e 10 prime italiane. Se amate lasciarvi contaminare dai più diversi linguaggi artistici non potete perdere questa occasione unica.
Il suo punto di forza non consiste solo ed esclusivamente nelle performance artistiche, che ne sono il cuore, ma in chi vi si reca. Il festival prende forma dai suoi partecipanti, tutti, e dalla loro interazione creando uno spazio di sperimentazione. Il valore artistico di ciò a cui si assiste, il suo interesse intellettuale e anche la sorprendente facilità con cui vi coinvolge è incredibile, soprattutto se paragonato a ciò che accade in altri luoghi istituzionali dove solitamente si svolgono le rappresentazioni teatrali, ma la vera bellezza del festival sta nella comunità di artisti, addetti ai lavori e di semplici spettatori che, puntualmente ogni settembre, gli si ricompatta intorno. Forte è la volontà di integrare il pubblico nel momento performativo. Ma non solo…
Altra importante caratteristica di SHORT, come dice la parola stessa, è la brevità: in una stessa sera si può decidere di assistere a più di uno spettacolo, tra quelli scelti da AREA06 (gruppo di ricerca ideatore del festival), di passare la serata tra installazioni permanenti piuttosto che ascoltare un live o dj-set.
Ormai da numerose edizioni, un valore aggiunto è la grafica della manifestazione, un’ulteriore contaminazione tra linguaggi artistici differenti, subito identificabile da chiunque. A tale proposito abbiamo deciso di fare qualche domanda a Simone Tso che la cura da due anni. Consigliamo a tutti di portarsi a casa il catalogo con gli sticker sui vari villaggi illustrati e di andare a mettere un disco al bar, nello spazio esterno, dove attraverso un dispositivo musicale partecipativo, God is a Dj a cura di OSSIURI, si può essere dj per un pezzo. Ovviamente la grafica del disco/sottobicchiere è sempre di Tso.
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Spesso, in ambito comunicativo, l’immagine è tutto e molta della promozione che un festival riesce a farsi, soprattutto sui social, è dovuta a una bella grafica che lo illustra. Come ti è venuta in mente quella di quest’anno?
Siamo arrivati alle immagini dopo un lavoro con il gruppo organizzativo di Short Theatre. Loro mi hanno spiegato cosa volevano comunicare attraverso il tema di quest’anno e mi hanno raccontato le proprie idee. Dopo una serie di prove, siamo arrivati insieme a costruire un immaginario da usare. Volevamo sfruttare il metodo del collage, in modo da creare un mondo intercambiabile e vario non legato ad un’immagine singola ma a una moltitudine di suggestioni. Infine ci siamo dati dei limiti rispetto alle basi di partenza, altrimenti rischiavamo di perderci!
Ho contato ben 6 illustrazioni diverse sul sito e altre ne avrai fatte per le versioni cartacee di flyer, locandina, programma: in 4 su 6 gli animali giganteschi la fanno da padroni, al centro della scena che gli giustapponi intorno. Pensi che dovrebbero abitare loro il centro del villaggio? O sei un esteta-animalista convinto?
Si, come ti dicevo l’idea era proprio di usare tante immagini. Confesso che gli animali mi piacciono (e mi piace guardarli e disegnarli) quindi appena si è parlato anche di un possibile villaggio di animali, ho scelto quel mood. Però oltre agli animali ci sono anche molti umani, piante, paesaggi che rappresentano altrettanti villaggi diversi.
Di tutte le grafiche presenti (tra partner e artisti presenti), quale ti piace di più?
Devo dire che mi piace molto la maglietta di Short Theatre di quest’anno che è una collaborazione tra il festival e RRUNA, una marca di moda che lavora con vari artisti. L’immagine usata sulla maglietta (che rappresenta un villaggio di palafitte) è di Cristiano Carotti.
Tra le molte proposte di quest’anno c’è uno spettacolo del musicista Teho Teardo e MP5, artista visiva che ha curato la grafica del festival nel 2013. Cosa ne pensi di questa contaminazione tra i generi? È un aspetto che ti interessa? Hai visto o vedrai lo spettacolo?
Sì ho visto ieri lo spettacolo! Conosco MP5 da un po’ di tempo e la seguo perché il suo tratto è affascinante e sempre molto potente. Ero molto curioso di vedere come avrebbe utilizzato animazione, scenografia e disegni per la performance insieme a Teho Teardo.
Che spettacolo ti incuriosisce di più? E quale consiglieresti a chi ne può venire a vedere solo uno?
È una domanda molto difficile perché il programma è molto ricco. Però sono curioso dello spettacolo di tg STAN, di Radouan Mriziga (danzatore), del documentario Un paese di Calabria e dello spettacolo/installazione di Luca Brinchi e Daniele Spanò che hanno adattato Aminta, il testo di Torquato Tasso.
Dopo aver trascorso i suoi anni migliori disegnando quello che ha potuto osservare in tutta l’isola in cui è nato, Tso (illustratore autodidatta) si trasferisce a Roma dove inizia una produzione varia e incoerente. I suoi disegni sono stati avvistati su copertine di dischi, pubblicità, edifici in città lontane, riviste, t-shirt, post-it, adesivi, programmi tv, fumetti. Attualmente sta cercando di raggiungere Outrolandia (da cui nessun uomo può tornare), dove vivono i favolosi lanosi animali, che parlano la magica lingua Outro.
immagine di copertina: Fibre parallele/Licia Lanera