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Vernice nera: thriller d’esordio di Claudia Maria Bertola

Doverosa premessa: ho conosciuto l’autrice Claudia Maria Bertola su Twitter, attratto dalla pulizia sia del suo segno grafico sia del suo immaginario.

Ci siamo poi incontrati a Milano, quattro o cinque volte, e ci teniamo in contatto per scambiarci impressioni sul design e sulla vita, sia pure con intervalli talvolta lunghi.

Troppo poco per definirla un’amicizia storica, ma troppo per definirla una semplice conoscenza.

Questo influisce sulla recensione che segue? Chi può dirlo! Un inconscio appena decente qualche tiro può sempre giocartelo, anche quando pensi di avere la deformazione professionale di una dignitosa oggettività.

Tra Milano, le Dolomiti e il Dark Web

Dal video di presentazione del libro mi ero fatto l’idea di un thriller distopico ambientato nel Deep Web, il web sommerso non indicizzato dai normali motori di ricerca, anzi nel Dark Web: un mondo, raggiungibile solo attraverso software particolari, utilizzato spesso per attività illegali.

Ecco, di questo mondo e del suo corollario di distopie, nel romanzo ci sono ripetuti brividi da sfioramento e, forse, l’annuncio di un’ulteriore esplorazione (un seguito?).

Non di più, ma certamente abbastanza da giustificare il titolo: Vernice Nera o anche, come ama ripetere la protagonista, “Schwarze Farbe”.

Certamente però è un thriller e quindi della trama vi dirò quel tanto che basta per capire come sia figlia dei suoi tempi.

Adele è scomparsa. Scomparsa sotto gli occhi di molti e in pieno giorno e abbandonando, incredibilmente, una parte inseparabile di sé: lo smartphone!

Adele è tra l’infanzia e l’adolescenza ma già indulge ad atteggiamenti seducenti e ammiccanti nell’abbigliamento e nei comportamenti.

Adele è figlia di separati, apparentemente indifferente a tale condizione in realtà segnata dall’attenzione quasi solo meccanica dei due benestanti genitori, troppo distratti dai propri personali progetti, dai rituali dell’apparire, dai ritmi della Milano che conta.

Sulle tracce di Agnese si scateneranno in molti, oltre al commissario di turno (colorito e meridionale, un omaggio a Camilleri?).

L’ambientazione è molto milanese ma con grandi spazi dal respiro dolomitico dove si è rifugiata Marina: una novella anomala Heidi, anomala perché nevrile e seducente, ma pur sempre attenta all’amicizia delle capre; una in particolare.

Si è rifugiata lì per rompere i ritmi implacabili scanditi da una città che ti vuole efficiente e disponibile “h 24” sottraendoti forse la vita.

Sarà lei l’investigatrice, improvvisata ma cazzutissima, che aiuterà il lettore, prima ancora che i genitori e la polizia, a individuare il cattivo e il male occulto intorno a noi.

Come pure sarà lei a capire le relazioni pericolose dell’incosciente ma non sprovveduta Adele che, come Pollicino, ha lasciato una traccia preziosa.

Sullo sfondo di luoghi meneghini individuati con meticolosa precisione, come del resto gli squarci dolomitici, si muovono i personaggi alla ricerca di Adele ma anche di se stessi.

Descritti dall’autrice, talvolta con qualche caduta nello stereotipo, ma più spesso con un’ironia che alterna indulgenza e rigore.

In tutti i personaggi femminili Claudia Maria Bertola distribuisce qualcosa di sé e, ancora di più, nell’ Heidi anomala alla quale trasferisce vissuti e progetti di vita.

Sono momenti di immedesimazione che conferiscono una credibilità particolare alla sua scrittura: come il personalissimo rapporto con le mani, fonti di dolore e di verità.

Mani che segnaleranno l’arrivo del nubifragio catartico, della grandinata purificatrice che aiuterà a giungere alla verità contingente ma soprattutto al cambio di prospettive per i protagonisti (forse un omaggio alla pioggia purificatrice del Manzoni o a Peter Weir di The Truman Show dove, attraverso la pioggia, il protagonista scopre la verità).

Un’opera prima molto calata nell’attualità con una strizzata d’occhio a una visione socio-antropologica della vita intorno a noi nell’era del disorientamento, delle nuove convenzioni social più che sociali e delle relative nuove dipendenze.

Un’opera prima con le sue inevitabili ingenuità narrative ma anche con palpitanti entusiasmi come la riaffermazione forte del valore dell’amicizia e della solidarietà, che scatteranno tra i protagonisti, e si riveleranno come i veri fattori critici di successo.

Mentre l’amore compare soprattutto come passione erotica, almeno quello tra gli umani. O così detti tali. Con un’eccezione per l’amore genitoriale, comunque da riscoprire e riqualificare.

Insomma un thriller forse non perfetto come tale, ma che proprio grazie a questa sua originale genuinità narrativa ti prende subito per mano e ti porta fino in fondo, quasi senza cali di tensione.

E lo fa consigliare tra le cose sicuramente stimolanti da leggere.

Un bravo all’editore Morellini

Innanzitutto per aver creduto e dato spazio a un’esordiente.

Poi, per la cura. Ho rimproverato più volte agli editori di non dare abbastanza valore aggiunto al prodotto libro: trovo che spesso non curino al meglio il progetto complessivo della pubblicazione, quello grafico e la veste tipografica.

Non è il caso di Morellini editore, che non conoscevo: coerente l’intero progetto dalla prima alla quarta di copertina con tutto quello che c’è in mezzo.

Si tiene piacevolmente in mano questo libro di quasi 400 pagine (e un solo refuso rilevato), ottimo il rapporto tra il colore neutro ma non freddo della carta e la scala di grigi dei caratteri. Funzionale la grandezza del corpo tipografico, perfetti i margini per consentire una lettura senza contorcere il libro. Originale e in carattere l’indice “orario” per una vicenda che si svolge praticamente nell’arco di tre soli giorni.

E, infine, la piccola chicca del Qcode per ascoltare la playlist di Vernice Nera:

una maniera per aiutare il lettore a calarsi nelle atmosfere del romanzo, unendo la suggestione analogica della lettura con quella digitale della colonna sonora immaginata e sentita, in tutti i sensi, dall’autrice.

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