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Via Della Seta: grande opportunità o clamoroso autogol?

Lo scorso 23 Marzo 2019 i vertici del governo italiano hanno ricevuto il presidente cinese Xi Jinping e una folta delegazione dello stato cinese. Scopo della visita, come tutti sanno, è stata la firma del cosiddetto “Memorandum sulla Via Della Seta”: una serie di accordi commerciali e istituzionali tra Italia e Cina.

Tali accordi interesseranno un totale di 2.5 miliardi di euro, anche se come afferma il vicepremier Di Maio il potenziale economico di tali accordi raggiunge i 20 miliardi di euro. Ma andiamo a vedere in dettaglio quali sono questi accordi commerciali e istituzionali.

 

Accordi commerciali

Gli accordi commerciali riguardo partnership ed intese tra grandi player italiani e cinesi. Si parte con Cassa Depositi e Prestiti con Bank of China, Eni e Bank of China, Ansaldo Energia e China United Gas Turbine Technology.

E poi ancora CDP, Snam e Silk Road Fund; agenzia ICE con Suning, il colosso cinese proprietario della squadra di calcio Inter. Intesa Sanpaolo e il Governo Popolare della citta’ di Qingdao; e Danieli&C. Officine Meccaniche e China Camc Engineering.

 

Accordi istituzionali

Per quanto riguarda gli accordi istituzionali, essi riguardano diversi settori e temi strategici per i 2 paesi, tra cui un protocollo di intesa per favorire le startup, un accordo sul commercio elettrico ed un accordo sul fisco.

E poi ancora facilità per l’esportazione di agrumi e carni, accordi sui beni culturali e sui beni archeologici, cooperazione sull’Unesco, cooperazione scientifica e cooperazione sullo spazio, sui media e sulla ricerca.

Insomma, gli accordi istituzionali toccano veramente un po’ tutti gli ambiti strategici dei 2 paesi.

Perché tante critiche? Rischio o opportunità?

Come mai tante critiche a questo storico accordo?

La realtà è che, dal mio punto di vista, più che la concretezza dell’accordo sono stati sbagliati i modi. Ovvero, l’essersi mossi in completa autonomia, e anzi controcorrente rispetto ai nostri partner europei e occidentali, è quello si un clamoroso autogol. Molto più dell’accordo firmato in sé.

Veniamo da un periodo in cui Trump e gli USA stanno combattendo in tutti i modi la concorrenza sleale cinese, tanto che lo spettro di dazi cinesi e guerre commerciali sono da mesi un tema di cui parlano i media americani.

Discorso ancor più profondo riguardo l’Europa: i partner europei non sono stati per nulla coinvolti, e anzi si sono dimostrati fortemente critici verso questo accordo unilaterale.

Quindi in pratica si è forzato un matrimonio commerciale e istituzionale a cui la nostra vera famiglia, l’occidente, è fortemente contraria. E questo porta diversi problemi: in primis il fatto che i patti commerciali e istituzionali con i partner occidentali sono per noi molto più importanti di quelli cinesi, e che questo accordo potrebbe incrinare tali patti.

Il secondo punto è che, essendoci mossi da soli, abbiamo avuto molto ma molto meno potere contrattuale con il colosso chiamato Cina.

Insomma, in questa UE sembra che ci muoviamo all’inverso: quando dovremmo decidere in autonomia (come sul nostro deficit di bilancio), ci pieghiamo al volere dell’UE. Quando sarebbe opportuno muoverci insieme con tutta l’UE, come nel caso di accordi con la Cina, ci muoviamo invece in modo unilaterale. Qualcosa non va!

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